L’impresa organico-dinamica 2 di T. Demaria - Introduzione di Luca Cipriani
Introduzione di Luca Cipriani
A cosa serve l’impresa industriale?
A produrre un profitto economico per i suoi dirigenti e azionisti? Ad affermare il dominio imprenditoriale di uno stato desideroso di esportare i propri valori? A trasformare con il lavoro l’energia della natura per consentire la vita dell’umanità?
Avevamo iniziato a trattare il tema dell’impresa organico-dinamica in un precedente articolo e ora completiamo l’argomento riportando per intero il breve e intenso studio di Tommaso Demaria in cui egli spiega la differenza fra i tre tipi di impresa possibili e che in qualche modo rispondono alle domande appena poste:
- Impresa capitalista
- Impresa comunista ( o socialista)
- Impresa organico dinamica
Come vedremo Demaria descrive i tre elementi che giocano a qualificare il tipo di impresa e questi sono sempre presenti in tutti i tipi di impresa.
La differenza fra i tre tipi di impresa consisterà perciò nella prevalenza di uno di questi tre fattori.
Quali sono questi tre fattori comuni?
I fattori comuni ai tre tipi di impresa sono questi:
- Il capitale (denaro, impianti, materie prime)
- L’attività imprenditoriale (qualunque ne sia il titolare)
- Il lavoro ( in particolare quello dipendente)
La prevalenza di uno di questi tre fattori determina il fatto che un’azienda sia capitalista, comunista o organico-dinamica.
Il giudizio apparentemente sorprendente è che per Demaria è proprio l’attività imprenditoriale la caratteristica della impresa comunista.
E’ un’affermazione che a prima vista ci interroga ma che in realtà ancora oggi trova la sua conferma in un fatto storico macroscopico e cioè l’affermarsi della Cina come potenza economica a livello mondiale.
La Cina infatti è di fatto ancora oggi politicamente comunista
e anche dal punto di vista economico mantiene la medesima impostazione a causa della prevalenza imprenditoriale dello stato nella proprietà delle attività economiche, cosa per cui non è di fatto presente al suo interno un vero libero mercato.
In Cina si è dunque storicamente realizzato un nuovo modello di stato-imprenditore in virtù del quale esso appoggia, sostiene e finanzia le proprie attività economiche pseudo-private in vista di una dichiarata ed esplicita conquista economica del mondo (ma non solo economica).
Questa conquista passa sfruttando le maglie larghe del mercato globale capitalista per il quale l’unica cosa che conta è garantirsi capitali e risorse a prescindere dai motivi di chi li conferisce.
Scontato è invece la prevalenza strutturale del capitale nell’impresa di tipo capitalistico.
La difesa del capitale a scapito del lavoro porta l’impresa capitalista a investire sempre di più in automazioni che riducono la necessità del lavoro umano e a delocalizzare in aree a basso costo di manodopera e a bassa tassazione.
Democratici e repubblicani, pur con le dovute differenze, rispondono nei fatti alla costruzione del medesimo tipo di società, quella capitalista appunto, la quale porta in sé una conflittualità strutturale e permanente tale da aver reso la competitività economica un dogma imprescindibile su scala mondiale.
In questo contesto la difesa di valori umani, ambientali e anche religiosi pur validi in sé stessi, rischiano di non andare oltre un significato paraideologico di facciata- come direbbe il nostro Demaria – capace di dare al più una mano di vernice superficiale per rendere un po più soft la durezza di un’economia capitalista che in realtà, nella sua essenza, non vuol mutare affatto.
Veniamo infine al fattore lavoro.
Il fattore lavoro contraddistingue il tipo di impresa dinontorganica e con una particolare attenzione al lavoro dipendente anche se non in modo esclusivo naturalmente e vedremo tra poco perché.
Il lavoro, quello dipendente in particolare, è infatti per Demaria “espressione ontologica” della persona cellula che si mette a servizio dell’impresa in vista del bene comune non solo dell’impresa ma anche dell’intera società.
Il lavoro va inteso dunque come lavoro costruttivo di una realtà globale unitaria, viva e vitale e mai come lavoro fine a sé stesso limitato al proprio esclusivo tornaconto personale benché talora limitato per interesse da necessarie integrazioni positive sulla società .
In questo modo anche il lavoro così detto autonomo o indipendente (imprenditori, liberi professionisti, p.iva etc…) non è fine a sé stesso ma di fatto risulta essere sempre “dipendente” da una logica costruttiva universale che va molto oltre i limiti della propria impresa.
Anche l’imprenditore, il professionista e la semplice partita iva è in definitiva ontologicamente a servizio del bene comune e quindi della vita dell’intera società e per questo motivo anche l’imprenditore, il professionista e la partita iva è persona-cellula.
Questa impostazione dell’impresa è realmente capace di stare con efficacia nell’economia reale?
Le quattro caratteristiche che Demaria individua come tipiche dell’impresa dinontorganica ci fanno comprendere che abbiamo di fronte una concezione realistica e anche reale dell’impresa, reale nel senso che alcune esperienze in questo senso sono già state fatte.
Vediamo subito i quattro caratteri dell’impresa dinontorganca e poi ne indicheremo qualche concreta ricaduta:
- Carattere trans-economico
- Carattere umanistico
- Carattere partecipativo
- Carattere della costruttività
Il carattere trans-economico ci dice che l’impresa va oltre il suo valore economico, essa costruisce la vita sociale e determina anche il suo rapporto con il territorio. Per questo la politica deve progettare e mantenere lo sviluppo industriale locale e limitare il fenomeno della dislocazione industriale ai soli casi veramente necessari.
Teniamo sempre in conto che lo sviluppo organico-dinamico di un territorio è legato ontologicamente ad un modello di economia industriale.
Il carattere umanistico ci consente di valorizzare la persona come cellula viva e protagonista dell’azienda che si pone in alternativa alla persona come ingranaggio tipica dell’impresa capitalista e comunista. Questo richiede una profonda maturazione culturale non solo da parte dell’imprenditore ma anche da parte del lavoratore e del rispettivo sindacato.
Il carattere partecipativo ci pone di fronte al lavoratore che porta con sé il titolo ontologico e non solo etico alla partecipazione. Il lavoratore che partecipa strutturalmente alla vita dell’impresa diventa una risorsa per tutti e l’azienda stessa diviene più efficiente. I risultati tangibili dei sistemi di qualità che si appoggiano a questo titolo sono senz’altro un modello da replicare in ogni impresa soprattutto a partire da piccole realtà. Anche la proposta dei distretti di sviluppo locale indicati dal civismo e che riprendono i concetti delle mutue di fine ‘800 rientrano in questa logica di partecipazione.
Il carattere della costruttività fa emergere la funzione dell’impresa in ordine alla costruzione della società globale. Questo orienta l’azienda che vuole sopravvivere nel lungo periodo a soddisfare i bisogni veramente reali della società in cui si trova ad operare. Focalizzare il proprio brand e specializzarsi in nicchie di mercato è il passo realistico che molte piccole imprese dovrebbero fare in questo momento.
In virtù di queste caratteristiche l’azienda dinontorganica può dunque stare con efficacia ed efficienza nell’economia reale, anche se, lo dobbiamo dire, la sua capacità di competere con le imprese di tipo capitalistico in senso stretto si deve svolgere su altri terreni: un monovolume a 7 posti non può competere in velocità con una macchina sportiva, ma compete alla grande e vince se l’obiettivo non è la velocità ma il trasporto di una famiglia numerosa.
A questo punto chiariti questi pochi aspetti conviene affrontare in modo sistematico lo studio dell’impresa come realtà organica attingendo direttamente dal testo originale di Demaria che proponiamo di seguito per intero.
L’IMPRESA ORGANICO-DINAMICA – parte 2 – di Tommaso Demaria
I – Che cos’è ? …
L’impresa organico-dinamica è l’impresa industriale qualificata
ideologicamente(**). Spieghiamo.
1) Impresa industriale: si distingue dall’impresa preindustriale,·e
rappresenta il fattore determinante della rivoluzione industriale.
2) La rivoluzione industriale segna il passaggio storico dallo
statico al dinamico, ponendo l’umanità di fronte alla necessità di
costruire una nuova realtà storica e una nuova società.
3) La. spinta alla costruzione è data dall’energia ideologica
(corrispettivo dell’energia nucleare in campo fisico), come spinta
autocostruttiva della realtà storica, e dalla teorizzazione di
tale energia in funzione della prassi.
4) La spinta autocostruttiva della nuova realtà storica è un dato
di fatto evidente. È altrettanto evidente che tale spinta si
risolve in una energia selvaggia, che va teorizzata per poter
essere utilizzata.
5) L’ideologia come anima della prassi implica appunto la
teorizzazione di tale energia selvaggia per utilizzarla a
costruire la nuova società.
6) L’impresa industriale (in tutte le sue espressioni) è la prima
generatrice di quell’ energia selvaggia che sbocca nella spinta
autocostruttiva della nuova realtà storica. E dunque è la prima
interessata alla teorizzazione di tale energia in ordine alla
prassi.
7) Di lì la necessità della qualifica ideologica dell’impresa
industriale.
II – Qualifica ideologica dell’impresa.
Ideologicamente l’ impresa industriale si qualifica secondo le tre ideologie fondamentali, laicista, marxista, cristiana (ben distinte dalle altre «subideologie»), nel modo seguente.
1) Prima qualifica : impresa industriale liberalcapitalista (in funzione del profitto e del potere economico e finanziario).
2) Seconda qualifica : impresa industriale statalcollettivista (in funzione del potere politico).
3) Terza qualifica: impresa industriale organico-dinamica e più esattamente dinontorganica (in funzione della dinontorganicità, come espressione massima della
socialità, a cominciare dalla “socialità” intesa come ”economia per l’uomo”).
NB: la qualifica ”ideologica” dell’impresa industriale porta con sè un doppio significato:
a) un significato ontologico, per cui l’impresa industriale, qualificata ideologicamente in modo diverso,
b) un significato dialettico, per cui l’impresa industriale, qualificata ideologicamente in modo diverso, obbedisce ad una dialettica ideologica diversa, e ideologicamente costruisce una società diversa.
III – Confronto ideologico e dialettico.
A) Fattori comuni dell’impresa: fattori dell’impresa industriale sono sempre gli stessi: capitale, lavoro, attività imprenditoriale. Sono i fattori strutturali comuni di essa.
a) Il capitale. (denaro; impianti, materie prime) è l’elemento strutturale che detiene oggettivamente il primato.
b) Il lavoro ( dipendente ) è il fattore strutturale che detiene il primato “soggettivo”.
c) L’attività imprenditoriale {qualunque ne sia il titolare), è l’elemento strutturale primario sul piano organizzativo-funzionale.
B) Confronto ontologico.
I fattori comuni dell’ impresa industriale di indole puramente “strutturale”, non precisano la realtà ontologica di essa.
1) La realtà ontologica dell’impresa viene precisata dalla qualifica ideologica dell’impresa stessa, che ne specifica il significato ontologico.
2) Tale significato ontologico emerge dal fattore “strutturale” privilegiato da da parte dell’ideologia qualificante. Come segue:
- a) l’ideologia liberalcapitalista privilegia il fattore “capitale” conferendo all’impresa un significato ontologico capitalista(= impresa capitalista);
- b) l’ideologia marxista privilegia il fattore “attività imprenditoriale” (il cui “soggetto è lo Stato), conferendo all’impresa un significato ontologico statalcollettivista (= impresa statalcollettivista);
- c) l’ideologia dinontorganica_ privilegia il fattore strutturale “lavoro” come espressione ontologica, della persona cellula, conferendo all’impresa un significato ontologico dinontorganico (= impresa dinontorganica).
3) Il confronto ontologico si conclude valutando le somiglianze e le differenze, in questo modo: rimane la SOMIGLIANZA STRUTTURALE fra le tre imprese combinata con una irriducibile DIFFERENZA ONTOLOGICA, che fa delle tre imprese, tre realtà profondamente diverse.
4) La radice della differenza sta nel fattore strutturale privilegiato, che per l’impresa dinontorganica non è più il capitale né tanto meno l’imprenditore «Stato», ma è il fattore lavoro, come espressione della persona-cellula , e dunque la “persona-cellula”.
C) Significato e confronto dialettico.
La qualifica ideologica dell’impresa non ha solo valore ontologico, ma anche dialettico.
1) La qualifica ideologico-dialettica dell’impresa mobilita l’impresa stessa per la costruzione della società. L’impresa diventa così il fattore costruttivo determinante della società, insieme all’ideologia come anima della prassi che la qualifica.
2) Si stabilisce fra l’impresa, la società e l’ideologia qualificante, una causalità reciproca, il cui meccanismo è il seguente: l’ideologia qualifica l’impresa. L’impresa così qualificata costruisce la società. La società costruita in quel dato senso alimenta e crea lo spazio all’impresa.
3) Applicazione.
- a) L’ideologia laicista liberalcapitalista giustifica l’impresa liberalcapitalista, che s’inserisce nella costruzione di una società laicista liberalcapitalista come società del benessere, dei consumi, delle richieste individuali utilitarie. Questa a sua volta asseconda l’impresa liberalcapitalista, l’alimenta, ne diventa succube.
- b) L’ideologia marxista-collettivista qualifica e giustifica l’impresa statalcollettivista, in funzione della società collettivista ateo-materialista. Questa a sua volta fa da supporto all’impresa statalcollettivista (che «ideologicamente» è sempre tale).
- c) L’ideologia dinontorganica qualifica, giustifica e anima l’impresa dinontorganica, che s’inserisce nella costruzione della società dinontorganica come fattore determinante. Questa a sua volta crea lo spazio dell’impresa dinontorganica, e l’assume come un momento essenziale della propria costruzione, non solo sotto l’aspetto economico, ma in funzione della stessa persona umana sempre però come “persona cellula”.
4) Il significato dialettico dell’impresa (che ha sempre·valore ideologico) emerge dal suo inevitabile confronto con la società da costruire dal cui contesto non può evadere, e nel cui contesto si pone come fattore determinante. Questo confronto dialettico societario, in quanto basato su una «identica» qualifica ideologica, ha valore costruttivo: l’impresa concorre a costruire e consolidare quel dato tipo di società.
5) Il confronto dialettico dell’impresa può anche stabilirsi tra qualifiche ideologiche «diverse». Ne nasce un confronto dialettico di natura conflittuale, sia rispetto all’impresa che alla società.
6) Il confronto dialettico tra impresa dinontorganica da una parte e impresa liberalcapitalista o statalcollettivista dall’altra, si risolve in confronto dialettico conflittuale (che però non è sinonimo né di “rivoluzione” né di “conflittualità permanente”, ma di una linea ideologica costruttiva «diversa»; il nostro imperativo è: COSTRUIAMO IDEOLOGICAMENTE IN MODO DIVERSO, E AVREMO UNA IMPRESA E UNA E UNA SOCIETA’ DIVERSA, senza rivoluzione)-
IV – Tipo ideologico e modello subideologico d’impresa.
1) Noi distinguiamo fra tipo di società, che ha valore ideologico e modello di società che ha valore subideologico. Cosi dobbiamo distinguere tra tipo ideologico di impresa e modello subideologico di essa.
2) La distinzione tra tipo e modello d’impresa non ha valore “strutturale”, Strutturalmente le imprese danno luogo a una serie illimitata di categorie. Ma ha valore ideologico,a cominciare dal tipo di impresa, che richiama direttamente la qualifica ideologica dell’impresa stessa: tipo d’impresa liberalcapitalista; tipo d’impresa statalcollettivista; tipo d’impresa dinontorganica.
3) Il tipo di impresa ha valore assoluto, immutabile e universale. Non può cambiare, a meno di cambiare la sua qualifica ideologica. Ma non può “incarnarsi” che nel modello subideologico d’impresa, per sua natura contingente e mutevole.
4) Il modello d’impresa in quale contesto ideologico si pone?… Nel contesto dell’ideologia egemone da una parte, e del modello di società prevalente.
Le ideologie egemoni possono essere tre. Di fatto oggi sono queste due:
- a) ideologia liberalcapitalista in sede economica (e di politica economica);
- b) ideologia marxista in sede sociale (e di politica sociale).
Le subideologie possono essere l’incarnazione di una sola ideologia, o l’espressione di ibridazioni ideologiche.
5) Conseguenza del suddetto “pluralismo” (non temperato dalla presenza operante dell’ideologia dinontorganica cristiana) la conflittualità e la problematicità dell’impresa si accentua. Condizione sempre più, indispensabile per affrontarla: è una chiara visione ideologica dell’impresa stessa tanto per la teoria che perla pratica, a cominciare dalla nostra visione ideologica dell’impresa, che è quella dinontorganica.
V – visione dinontorganica dell’impresa
Questa visione non è estrapolabile dall’intero contesto dell’ideologia dinontorganica come anima della prassi costruttiva della società dinontorganica ad ogni livello e in ogni dimensione (fino alla dimensione mondiale. La ragione si è che l’impresa non è più concepibile come una realtà a se stante, in un rapporto di puro condizionamento attivo e passivo con la società.
1) L’impresa dinontorganica è parte costitutiva ontologicodinamica, e dunque fattore strutturale costruttivo, della stessa società dinontorganica ad ogni livello e dimensione. Bisogna pertanto realizzarla e mobilitarla come tale. Ma come?…
2) Prima dei procedimenti tecnici (che si pongono a livello subideologico e strutturale), si impongono i procedimenti propriamente ideologici che si possono riassumere in tre momenti
- a) promuovere il più possibile la presa di coscienza ideologica dinontorganica;
- b) promuovere la presa di coscienza dei caratteri essenziali dell’impresa dinontorganica;
- c) in sede di modello d’impresa (che è quel che è!…) agire e reagire il più possibile secondo la dialettica dinontorganica, che è logica non già della «contraddizione», ma della costruzione organico-dinamica dentro e fuori dell’impresa, non foss’altro che come sensibilizzazione in tal senso.
I caratteri essenziali a valore ideologico ontologico-dinamico dell’impresa dinontorganica si possono ridurre ai seguenti.
- a) L’impresa dinontorganica rimane “strutturalmente” di natura economica, ma «ideologicamente» diventa di natura «transeconomica», in quanto l’organismo dinamico «impresa» è una realtà ontologica nuova, che si qualifica non più in base all’economia (capitale, lavoro, produzione di beni e servizi, ecc.), ma in funzione dell’uomo, e uomo nella sua realtà ontologico-dinamica di «persona-cellula», e non già ridotto ad esigenza etica.
- b) Tale qualifica assume quindi un significato ontologicodinamico vero e proprio, in quanto la qualifica transeconomica-umanistica dell’ impresa dinontorganica non è più di natura etica, derivante dalla persona umana autonoma e sovrana; ma (insistiamo) deriva dall’uomo come persona-cellula dell’organismo dinamico «impresa» e della stessa società dinontorganica.
- c) Come persona-cellula a valore ontologico-dinamico, dell’impresa e della società dinontorganica, il lavoratore porta con sé il titolo ontologico (e non solo etico) alla partecipazione. In tal modo l’impresa e la società dinontorganica risultano per loro natura partecipative, non già in un senso etico (o demagogico) qualsiasi, ma in virtù di una giustificazione ontologica e in un ben preciso senso ideologico, che è quello «dinontorganico».
- d) L’impresa dinontorganica per il fatto che è transeconomica umanistica in senso dinontorganico cellulare, e partecipativa nel senso suddetto, assume pure una precisa funzione in ordine alla costruzione della società globale, che non è più soltanto funzione “produttiva”, o “creativa”, ma è funzione ideologica costruttiva della società dinontorganica stessa.
4) Questi caratteri essenziali dell’impresa dinontorganica – carattere trans economico, carattere umanistico organico-dinamicocellulare, carattere partecipativo, carattere della costruttività in senso ideologico dinontorganico -, insieme all’intera concezione ideologica dinontorganica (sempre intendendo l’ideologia come anima della prassi), impegnano i cattolici in un nuovo tipo di teoria e di azione anche in riferimento all’impresa.
Tale impegno nuovo non dispensa affatto dall’impegno religioso come tale (anzi, lo postula intensificato), come non dispensa dalla Dottrina sociale cristiana. Ma impone al inondo cattolico l’integrazione del proprio vivere religioso e della propria. azione politico-sociale, con l’ideologia dinontorganica cristiana come specifica anima della sua prassi, in campo profano e dunque in campo politico-sociale.
Senza tale adeguamento il mondo cattolico rimane fuori della realtà storica, e rischia di servire sempre peggio la propria causa (che deve coincidere con quella di Cristo), sia in campo religioso che in campo profano.
( don Tommaso Demaria )
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