Famiglia diventa ciò che sei
GPII proclama questa esortazione “famiglia diventa ciò che sei” al numero 17 della “Familiaris Consortio” del 1981 e la riprende più volte nella sua successiva azione magistrale.
Prendiamo spunto da essa per introdurre importanti aspetti della realtà profonda della vita della famiglia e arrivare ad individuare alcuni elementi fondamentali della azione pastorale della Chiesa.
Un primo aspetto ci è indicato dal verbo dell’esortazione: “diventa”.
La famiglia concreta nella sua esistenza non è una realtà statica, non è realizzata definitivamente nell’atto del matrimonio, ma è una realtà dinamica, che “già è ed ancora non è” e perciò è chiamata a “diventare”, a realizzarsi attraverso le sue azioni[1].
GPII non si riferisce ad un diventare fenomenico, ma a quel diventare che riguarda l’essenza stessa della famiglia, il suo inverarsi nella realtà. Questo carattere dinamico della famiglia ha implicazioni molto profonde. Esso è percepito e riconosciuto specie in ambito psicologico, ma senza arrivare a chiarire le esigenze operative e pastorali che porta con se.
Il secondo elemento attivo è il destinatario dell’esortazione. Esso è la Famiglia.
Il papa non si rivolge né ai ministri della Chiesa né agli sposi come singoli, e nemmeno al Signore. Si rivolge invece alla famiglia nella sua unità ontologica, nel suo essere una “carne sola”, con una sua dimensione di libertà, sintesi della libertà degli sposi, famiglia che viene così indicata come protagonista attiva del proprio diventare.
Ma è la parte umana della famiglia la protagonista esclusiva? Certamente no.
Se la famiglia accoglie in sé il Signore ed il suo operare, consente che Dio stesso contribuisca a darle forma. Inoltre è assai influente l’azione strutturante/formativa dell’ambiente storico-culturale in cui ogni famiglia è immersa.
E tuttavia la famiglia nel concreto della sua esistenza non è l’inerte prodotto di uno “scultore” esterno: è chiamata a disporre la propria iniziativa, le proprie scelte ed il proprio operare.
L’insieme dei due aspetti che abbiamo individuato dice una cosa molto importante: la famiglia ha la capacità e la necessità di autogenerarsi continuamente all’esistenza in rapporto all’ambiente in cui è immersa.
Questo può essere detto sinteticamente con una parola molto potente: la Famiglia è una realtà viva.
Come ben intuibile, non è una realtà viva in quel modo “automatico”, se pur fragile, che è proprio degli organismi biologici, ma è soggetta alla libertà degli sposi. Infatti se è vero che la famiglia è generata soprannaturalmente da Dio nella celebrazione del sacramento del matrimonio, è altrettanto vero che la sua vita non può dispiegarsi nel tempo, non può esistere nel concreto senza la fedele volontà degli sposi, senza la sintesi incessante della libertà e della intenzionalità degli sposi.
Ma cosa è chiamata a diventare la famiglia? GPII dice “ciò che sei”. Così facendo pone davanti alla famiglia una vocazione ed un discernimento. C’è un’urgenza ben percepibile nella esortazione del papa: non è indifferente ciò che la famiglia può fare di sé stessa.
GPII volge la famiglia verso “ciò che sei”, intendendo con questo ciò che essa è “in principio”, nel cuore di Dio, ciò che essa è chiamata ad essere dall’amore di Dio[2].
Questa urgenza se da una parte riconosce che la famiglia per amore Dio l’ha fatta libera e può scegliere di fare di sé stessa ciò che lei stessa vuole, nel contempo ci avvisa che la famiglia non potrà trovare altrove la propria bellezza, non potrà essere sé stessa se non si realizzerà secondo la Verità d’Amore a cui Dio la chiama.
L’esortazione di GPII dunque ci permette di mettere a fuoco alcuni punti importanti:
- La famiglia è una realtà viva
- a cui è affidato di realizzare sé stessa
- secondo una sua “interiore verità” (FC 17), una sua immagine vitale posta dall’amore di Dio,
- e sarà sé stessa solo se si realizzerà secondo tale verità.
- Pastoralmente già queste sono indicazioni di grande importanza.
Ci dicono che:
- è necessario che la famiglia conosca la sua verità
- e che attivi dinamiche costruttive di sé stessa.
Ora dobbiamo completare la nostra riflessione, perché ciò che abbiamo colto introduce altre domande molto concrete, che necessariamente, accanto al dato teologico, devono tenere in considerazione la condizione storica ed esistenziale in cui Dio ha posto ogni famiglia.
Da chi e quando una famiglia nel concreto riceve la propria immagine?
E come può realizzare tale immagine?
Ogni famiglia concreta infatti, così come ogni persona, pur essendo lei stessa nella sua libertà protagonista attiva della sua realizzazione, non conosce “nativamente” la propria immagine, ma
- la deve ricevere,
- progressivamente,
- la deve realizzare nel suo specifico concreto ambiente di vita
- e deve cercare i modi concreti per farlo
Nel concreto umano, la famiglia da chi riceve la propria immagine?
Inizialmente la riceve dall’ambiente storico culturale in cui nasce e vive. Ogni ambiente culturale infatti porta con sé una o più immagini di famiglia “integrate” con quell’ambiente, “funzionali” a quell’ambiente.
Inoltre, visto che la famiglia deve realizzarsi secondo l’immagine che essa stessa sceglie, per farlo ha bisogno di criteri, conoscenze, strumenti, metodi, abilità.
Dove li può trovare?
Anch’essi in primis vengono ricevuti dall’ambiente storico e umano in cui la famiglia vive; di essi la famiglia si appropria rielaborandoli in relazione alla propria situazione.
Possiamo dire che la famiglia riceve dall’ambiente in cui nasce e vive la propria immagine e gli strumenti ed i metodi per realizzarla, ma non passivamente: su di essi la famiglia esercita un discernimento ed una scelta, e li rielabora in relazione alla propria situazione ed alle proprie scelte.
Ora, rapportiamo il piano storico al piano teologico: l’immagine che la famiglia trova nel proprio ambiente umano è la medesima che sta negli occhi del Creatore? E’ la medesima di cui parla GPII?
In generale in parte si e in parte no. E tuttavia non è difficile constatare che l’ambiente culturale occidentale odierno, il nostro in cui viviamo, non sembra affidare alla famiglia la sua Verità, anzi, sembra consegnarle un’immagine di sé stessa sempre più distorta, addirittura negata. La nostra società in generale non dà alle famiglie una immagine vitale di esse e tantomeno gli strumenti per realizzarsi.
Questo è egualmente vero per tutte le famiglie, cristiane o non cristiane.
Dove allora le nostre famiglie possono cercare e trovare la loro vera immagine?
Per noi che conosciamo Dio, sappiamo che questo luogo è il cuore di Dio. Ed è la Chiesa l’ambiente storico concreto, umano e nel contempo divino, al quale è affidato di offrire ad ogni famiglia di qualunque credo la sua vera immagine, quella che sta nel cuore di Dio.
Tutto ciò ci illumina sul cammino, sul processo di crescita e di realizzazione concreta della famiglia e ci permette di riconoscere alcune coordinate fondamentali di tale cammino che appaiono irrinunciabili.
Ogni famiglia:
- si autocostruisce progressivamente nel tempo
- perseguendo un’immagine di sé stessa
- un’immagine vitale
- un’immagine che desidera
- per realizzarla ha bisogno di conoscenze e abilità
- la vera immagine della famiglia è quella che sta negli occhi di Dio
Quanto sono fondamentali queste coordinate?
- se la famiglia non si autocostruisce, non sarà una realtà viva, morirà;
- se la famiglia non sa cosa “è”, se non cerca e non conosce la sua “verità”, non saprà cosa può diventare e non saprà cosa fare di sé stessa;
- se questa immagine non è vitale, non sopravvivrà;
- se la famiglia non coglie la bellezza di questa immagine, non sarà motivata a sceglierla ed a cercarla e realizzarla;
- se la famiglia non ha gli strumenti per autocostruirsi, fallirà
- se la sua immagine non viene dal cuore di Dio, la famiglia non potrà trovare sé stessa, la sua verità.
Questo processo di autocostruzione non può che avvenire progressivamente, attraversando e redimendo tutta la dimensione e la condizione umana degli sposi. Un cammino, l’unico, pieno di speranza , di vita e di Grazia, che tende senza fine a Dio.[3]
Dalle coordinate fondamentali che abbiamo riconosciuto derivano, quasi in automatico, altrettante linee guida di fondo dell’azione pastorale verso le famiglie:
- le famiglie devono sapere che non sono generate da combinazioni casuali più o meno fortunate e neppure sono un “condominio” da amministrare, ma insieme al Signore generano sé stesse attraverso “dinamiche costruttive”, umane e divine, che esse attivano nella loro continua iniziativa di costruirsi secondo una certa immagine di famiglia.
- le famiglie progressivamente hanno bisogno di ricevere e conoscere la loro vera immagine, la loro verità viva, quella che sta negli occhi di Dio.
- le famiglie hanno bisogno di scoprire, riconoscere e contemplare la bellezza di questa immagine, così che la possano desiderare, cercare e costruire; hanno bisogno di essere accompagnate a contemplare e sperimentare la bellezza, la gioia, la vita, la pienezza e la pace che Dio ha posto nella verità a cui chiama le sue famiglie.
- è necessario che le famiglie abbiano luoghi in cui attingere, progettare, elaborare i modi concreti, le abilità, le conoscenze, le dinamiche, tutte, sia quelle divine che quelle umane, che servono per realizzare questa immagine nel concreto del loro mondo e della loro vita.
Il primo passo sarà dunque scoprire la Famiglia come essa è secondo Spirito, nel cuore di Dio, quale sia la sua verità, quale sia la sua bellezza, consapevoli che questa scoperta non ha un punto di fine, perché la Famiglia, come la Persona, reca in sé l’immagine stessa di Dio.
Qual è a questo proposito lo stato della riflessione da parte della Chiesa su tale immagine?
Di fatto l’impegno della Chiesa ha avuto il suo inizio con lo straordinario magistero di GPII, dal quale ha preso spunto il presente scritto, che ha individuato nelle immagino di Cristo-Chiesa (Ef 5,21-32)e nella Comunione Trinitaria le sorgenti della comprensione della natura della coppia e della famiglia.
Fino ad ora la ricerca appare essersi impegnata prevalentemente sul rapporto Cristo-Chiesa, più affine alla dimensione sponsale dei presbiteri, mentre è stata di fatto trascurata la riflessione sulla dimensione di somiglianza della famiglia alla Comunione Trinitaria.
Anche la bellissima enciclica Amoris Laetitia, che sviluppa la riflessione sulla pastorale e sul suo aspetto misericordioso, non contribuisce significativamente a tale riguardo.
Se i presbiteri si riconoscono molto nella immagine Cristo-Chiesa, che ispira la sponsalità della loro relazione con la comunità che è loro affidata, tuttavia agli sposi essa non dice molto: stentano a riconoscerla nella loro esperienza ed a coglierne la bellezza.
D’altro canto la dimensione della somiglianza degli sposi alla Comunione Trinitaria apparein grado di dire parole più espressive della bellezza della famiglia.
Gli sposi, ad esempio, riconoscono immediatamente di avere in sé l’immagine del Dio che è in sé stesso Comunione d’Amore che dà la Vita, e ne riconoscono la straordinaria bellezza.
Le considerazioni precedenti sulle dinamiche costruttive della famiglia quindi suggeriscono che per la Chiesa sia importante, in vista di una efficace pastorale della famiglia, un maggiore approfondimento della dimensione trinitaria dell’immagine degli sposi.
Piergiorgio Roggero
[1] “I compiti, che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere nella storia, scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed esistenziale. “(GPII, FC 17)
[2] “Risalire al «principio» del gesto creativo di Dio è allora una necessità per la famiglia, se vuole conoscersi e realizzarsi secondo l’interiore verità non solo del suo essere ma anche del suo agire storico. “(GPII, FC 17)
[3] “la famiglia ha la missione di diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di amore, in una tensione che, come per ogni realtà creata e redenta troverà il suo componimento nel Regno di Dio.”(GPII, FC 17)
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