I tre verbi dinontorganici

Luca Cipriani • 27 luglio 2025

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L’esercizio di individuare i verbi dinontorganici fu inaugurato con efficacia dal nostro Nicola Mele già molti anni fa con i famosi dieci verbi dinontorganici.

Per dare un ulteriore fondamento a quel bel decalogo proponiamo di seguito una lettura sintetica che li può ricondurre a questi tre, come esplicitazione diretta di quello che viene assunto come l’assoluto dinontorganico.


I tre verbi che si ricavano direttamente dall’assoluto sono questi: COSTRUIRE, ESSERE, ORGANIZZARE.

Cerchiamo ora di darne una spiegazione affinché possano non solo essere memorizzati facilmente ma anche utilizzati nella concretezza dell’agire.

Ricordiamo che l’espressione DIN ONT ORGANICO si compone di tre parole: DINAMICO, ONTOLOGICO, ORGANICO.

Vediamo nel dettaglio il loro significato e iniziamo con il primo verbo.


1.      DINAMICO cioè COSTRUIRE[1]

Ci soffermeremo in questa sede più attentamente sul verbo costruire perché è una chiave importante di tutto il discorso. Dedicheremo invece uno spazio più ridotto agli altri due verbi sui quali ci impegniamo a ritornare invece con più ampiezza in altri interventi.


Scrive d. T. Demaria: il mondo dinamico e la società dinamica risultano dinamici perché debbono venir costruiti   di continuo […] al di là della fenomenologia del cambiamento. E’ proprio questa costruzione continua che segna la natura profondamente diversa dei due mondi e delle due società (cioè della società statica e dinamica) scavalcando il cambiamento fenomenico”.


La costruttività appare subito in questa citazione come uno degli elementi chiave del dinamismo essenziale, è però necessario precisare la differenza tra il dinamismo come semplice cambiamento fenomenico e il dinamismo di natura essenziale tipico delle ideoprassi e quindi anche del dinontorganismo.

 

Per comprendere questo passaggio occorre fare un passo indietro e ricordare che ogni essenza[2] reale o anche solo concettuale è sempre composta di forma e materia. Materia è ciò di cui una cosa è fatta e la forma è il principio reale che plasma intimamente la materia in modo da farne quel certo tipo di cosa[3]: questo gatto e questo uomo hanno lo stesso tipo di materia ma una differente forma.


In questo percorso vanno anche precisati i concetti di potenza e atto.  Potenza è una perfezione che non si ha ma che si può avere. Atto è una perfezione che si ha. Io sono seduto in atto ossia ho la perfezione di essere seduto. Sono invece in piedi in potenza e per questo aspetto sono imperfetto[4]


Nelle realtà naturali questa sintesi di forma e materia (cioè l’essenza) è già compiuta fin da principio, cosa per cui un bambino è tale fin dal suo essere embrione e tutto il resto del suo sviluppo biologico è solo un cambiamento fenomenico. Per questa ragione il suo essere viene definito da Demaria come ens cuius essentia est[5] , cioè l’ente la cui essenza è già fatta; in altre parole l’ente la cui sintesi forma/materia è già compiuta fin da principio.

Per quel che riguarda gli enti statici (cioè naturali) non vi è quindi nessuna costruzione essenziale perché appunto la sintesi forma/materia la troviamo già fatta.

    Il dinamico inteso in questo senso cioè come cambiamento fenomenico è sempre esistito; esso consiste nel divenire delle cose secondo la loro natura come un passaggio dalla potenza all’atto. La filosofia di Aristotele ha chiamato questo movimento “moto metafisico” ed è tipico di tutti gli enti statici.

In qualche modo questo moto metafisico è stato sufficiente anche per spiegare i cambiamenti della storia che fino alla Rivoluzione Industriale il nostro Demaria definisce statica[6].

     Gli stessi fenomeni “costruttivi” relativi a manufatti (casa in costruzione) o organizzazioni sociali (famiglia, esercito, impero) che successivamente verranno chiamati enti dinamici fenomenici, erano ricondotti a forme di moto metafisico accidentale non sostanziale, senza comportare di fatto alcuna novità ontologica sebbene né fossero i precursori[7].

Un discorso integrativo meriterebbe la rivoluzione del Vangelo e la conseguente realtà dinamica religiosa generata ma in questa sede soprassediamo.


Con la rivoluzione industriale invece si affaccia un nuovo tipo di cambiamento per la realtà storica profana, un cambiamento che ha permesso all’umanità di affrancarsi sempre di più dalle leggi della natura (senza tuttavia poterle eludere) ma che l’ha costretta anche a dover decidere continuamente cosa fare di sé stessa e di conseguenza a progettare senza sosta come costruirsi di continuo alla perenne ricerca di un equilibrio vitale[8].

È in questo nuovo contesto che anche gli enti dinamici fenomenici iniziano ad assumere rilevanza metafisica in quanto vengono ora a far parte di un’unica realtà dinamica universale concretamente in costruzione.


Per quale ragione questo nuovo tipo di costruzione viene detta dinamica essenziale?

Perché essa è appunto la costruzione di un’essenza reale e cioè la progressiva realizzazione della forma vera scoperta e codificata dalla metafisica (logos o dover essere della storia) nella materia (realtà umana esistenziale fatta di azioni, pensieri, parole e omissioni).

Costruire essenzialmente significa quindi attuare la forma vera nella materia cioè nella storia umana, dato che, come detto, ogni essenza è costituita di forma e materia.


La differenza fra ente statico ed ente dinamico è dunque questa: mentre nell’ ente statico la sintesi forma/materia (essenza) è già bell’e fatta fin dal primo istante della sua esistenza[9], in quello dinamico la sintesi forma/materia non è già fatta ma è da realizzare, cioè la forma deve essere progressivamente trasferita o meglio inverata nella materia attraverso l’agire umano, cosa per cui l’ente dinamico viene definito come ens, cuius essentia fit, cioè l’ente la cui essenza (sintesi forma/materia) non è ancora realizzata ma si fa nello spazio e nel tempo[10].


La dialettica di questo processo andrebbe memorizzata nella formulazione fondamentale e anche esclusiva del dinontorganismo che è questa: la materia muta, la forma si realizza.[11]  

Ciò significa che da un lato la materia è dinamica perché cambia, mentre dall’altro lato la forma è dinamica perché si realizza (progressivamente nella materia) senza mutare in sé stessa naturalmente.

In questo, lo ribadiamo, consiste la costruzione dell’essenza dinamica: realizzare la forma nella materia.


È per questa ragione che l’essenza della storia è sempre in costruzione! Infatti essa è una realizzazione formale che non può mai essere compiuta nella materia una volta per tutte: ci saranno sempre avanzamenti, cadute, miglioramenti lenti talvolta veloci, crisi, riprese etc… Auspicando naturalmente il suo muoversi verso un compimento di bene, senza tuttavia illudersi né pretendere che ciò sia scontato o automatico essendo stato affidato alle mani della libera volontà umana.

Si tratta di un lungo processo di perfezionamento da svolgersi nello spazio e nel tempo cioè secondo passi possibili, con modelli di sviluppo che siano realmente e concretamente sostenibili dal punto di vista culturale, politico, sociale, economico e ambientale.

Questa scoperta metafisica che orienta la costruzione sociale ci mette teoreticamente al riparo anche dal rischio dell’etica della situazione e dalla violenza di processi rivoluzionari. 

 

Resta naturalmente il problema della forma vera della storia, dato che la forma vera va scoperta e non inventata; essa è attuale (immutabile) e non mutabile a seconda dei tempi, è assoluta, universale, necessaria[12]. Essa non è frutto di Rivelazione ma è l’esito di una ricerca metafisica condotta con lo strumento del realismo: adaequatio intellectus et rei[13].


La sfida dunque per ogni uomo “dinontorganico” è ambiziosa e va condotta su tre livelli in sequenza:


  • Scoprire e conoscere progressivamente la forma vera
  • Accogliere e amare progressivamente la forma vera
  • Servire, mobilitare e costruire progressivamente nella storia la forma vera.


La ricerca dell’assoluto nascosto nella storia è stata l’ambizione di molti filosofi ed economisti ma la risposta al triplice problema appena descritto ha condotto a risultati finora insoddisfacenti originando perniciosi errori culturali e storici come il marxismo (con la negazione della soprannatura e il prevalere acritico della collettività sulla libertà della persona), il laicismo (con la separazione dello spirito dalla materia e lo scadimento nell’individualismo libertario) e in genere tutte le filosofie e prassi del divenire.


Un’ultima osservazione. Il dinamismo e il relativo attivismo costruttivo rimandano per loro stessa natura alla centralità della cultura del lavoro. Senza cultura del lavoro, sia a livello di educazione personale che a livello di strutture sociali, nessuna costruzione organica è possibile. Con cultura del lavoro si deve intendere non solo e forse nemmeno principalmente il lavoro salariato tipico dell’economia di mercato ma anche e soprattutto ogni lavoro/attività “gratuita” che sia funzionale alla vita della famiglia naturale, alla vita della comunità sociale, alla vita del creato e in via primaria alla vita spirituale: cura della famiglia, volontariato spontaneo e/o organizzato, attività culturale nella società civile, attività politica di servizio e perfino la pratica religiosa contemplativa e attiva.


Con buona ragione ci pare giustificato dunque che il primo verbo dinontorganico sia COSTRUIRE.

Tocca ora intravvedere la forma vera dentro la realtà storica e questo è l’impegno che ci porta alla seconda parola che abbiamo preso in esame: ontologico.

 

2.      ONTOLOGICO cioè ESSERE

Il termine “ontologico” significa proprio discorso sull’essere, su ciò che è e che esiste realmente, sia concreto cioè impastato di materia (come un albero, un gatto ma anche un’azienda, una famiglia, una parrocchia) che spirituale (come Dio o l’anima umana). Far corrispondere al termine ontologico il verbo essere è quindi abbastanza intuitivo.


Si può anche giocare sulla bivalenza del termine come sostantivo e come verbo sicchè il senso complessivo del discorso risulta facilmente accessibile: meglio essere che avere, costruire l’essere e non il divenire fine a sè stesso, essere e non apparire, essere vivo, essere per essere, essere coerente, agere sequitur esse” (l’agire segue l’essere)[14] etc…

Anche la costruzione di cui abbiamo scritto è di fatto la costruzione coerente e univoca  di un essere sociale, capace di vivere e agire a titolo proprio, attraverso l’attivismo umano nello spazio e nel tempo.

Approfondire le caratteristiche di questo essere (cioè la sua forma vera) non è oggetto di questa riflessione.

 

Qui ci basta far comprendere che lo scopo di ogni agire all’interno della realtà storica dinamica consiste nella costruzione di un essere sociale permanente e stabile, capace di valorizzare nella libertà ogni persona umana e ogni comunità civile in armonia e sintesi necessaria con la comunità religiosa (sebbene siano confacenti solo le comunità religiose coerenti con la legge naturale e la forma dinamica vera della storia). Ecco chiarito che non si tratta di un fare tanto per fare né di un divenire fine a sé stesso.

Per esempio, in termini economici, qualcuno afferma che l’importante è “fatturare” oppure che l’importante è far crescere il Pil ma senza badare se questo sia sufficiente a garantire la realizzazione di una società vera, stabile, buona, unita, bella, potenzialmente per tutti nella libertà[15].

In definitiva nell’ente dinamico l’essere è in costruzione per essenza   proprio in virtù della continua sintesi forma/materia e perciò imperfettissimo per essenza, diversamente da Dio che è invece Essere perfettissimo per essenza[16].

Nel realizzare la forma nella materia si fa esistere concretamente la sua essenza reale e ciò giustifica la formulazione “essenzializzazione dell’esistenza” non più interpretabile attraverso i gradi di astrazione (generi e specie) ma attraverso i piani dell’essere (essenziale, esistenziale, fenomenico, operativo)[17].

L’essere è il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni agire, per questa ragione abbiamo fissato l’attenzione proprio sul  verbo ESSERE.

 

3.      ORGANISMO cioè ORGANIZZARE

Scrive Demaria: “organizzare vuol dire creare un organismo vivo. Questa è l’organizzazione finalistica dell’organizzazione, che ci pone di fronte allo scopo vero di essa, che è l’organismo vivo”.[18]

Non ci riferiamo qui alla sola organizzazione strumentale ma soprattutto alla organizzazione finalistica che è ad un tempo strutturale e funzionale, cioè capace di individuare un fine coerente con il bene oggettivo, mobilitare un’energia (materiale e/o spirituale), codificare una tecnica (scienze dell’azione), attuando le adeguate e necessarie strutture. Non si tratta solo di educare persone ma di organizzare strutture funzionali al vero scopo. Senza organizzazione non c’è vita sociale, non c’è unità, né armonia.

Ci pare intanto qui sufficiente la giustificazione del terzo verbo dinontorganico: ORGANIZZARE

 

 A titolo di riepilogo sottolineiamo che l’esercizio di suggerire tre verbi dinontorganici ci ha permesso di comprendere alcuni passaggi cruciali della metafisica organico-dinamica. Lo spunto ci stimola ad accrescere una motivazione e un impegno capaci di renderci consapevoli della sfida avvincente che ci interroga: costruire un essere sociale vivo, vitale e organizzato per il bene nostro, dei nostri figli e di tutta l’umanità. I modelli concreti cioè i modi per ottenere questo risultato possono essere infiniti purché sempre coerenti con il tipo univoco di società animato dalla forma vera.


 
[1] T. Demaria, Ideologia come prassi razionalizzata, p. 15: “[…] il mondo e la società statica erano già costituiti nella loro realtà profonda. Dimodoché, malgrado i loro cambiamenti, erano e restavano un mondo statico e una società statica. Il mondo dinamico e la società dinamica, invece risultano dinamici, perché debbono venire costruiti di continuo, proprio come realtà storica globale e società globale, al di là della fenomenologia del cambiamento. E’ proprio questa costruzione continua che segna la natura profondamente diversa dei due mondi e delle due società, scavalcando il cambiamento fenomenico

[2] L’essenza si definisce in questo modo: “ciò per cui una cosa è”, un uomo, un topo, una margherita.  Cfr S. Fontana, La filosofia cristiana, p. 25. Si può ricorrere anche alla antica formulazione aristotelica: “to ti en einai” che i latini hanno tradotto come “quod quid erat esse”, che significa “ciò che era l’essere” (sottinteso, fin da principio). Cfr. Vanni Rovighi, Elementi di filosofia 2, ristampa 1995, p. 13.

[3] S. Fontana, La filosofia cristiana, p. 25

[4] Ivi p. 27

[5] T. Demaria, Collana Spid, 1° volume p. 126.

[6] T. Demaria, Ideologia come prassi razionalizzata, p. 11

[7] T. Demaria, Collana Spid Vol 1°, p. 246 e 250.

[8] T. Demaria, Ideologia come prassi razionalizzata, p. 20,21.

[9] T. Demaria, Collana Spid, 1° volume p. 126.

[10] T. Demaria, Collana Spid, 1° volume p. 134.

[11] T. Demaria, Collana Spid, 5° volume, p. 280

[12] T. Demaris, Collana Spid, 5° vol. p. 278 . In questo paragrafo Demaria dopo aver trattato dei presupposti negativi della forma vera, si occupa dei suoi presupposti positivi: universalità, necessità, assolutezza, attualità.

[13] T. Demaria, Collana Spid, 1° volume p. 24.

[14] T. Demaria, Collana Spid 1° vol. p. 46.

[15] T. Demaria, Collana Spid 5° vol. p. 283. E’ importante osservare come Demaria sottolinei l’importanza dell’inveramento dei trascendentali statici nella realtà storica.

[16] T. Demaria, Collana Spid 1° vol. p. 240, 241.

[17] Ivi p. 177

[18] T. Demaria, Presupposti Dottrinali, p. 45.


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Autore: Simone Tropea 4 maggio 2025
Corpus International is a project founded by Simone Tropea and Riccardo Lufrani to contribute – within an ecclesial spirit and with historical intelligence – to the construction of the Civilization of Love, in accordance with the prophetic vision of Saint Paul VI. Rooted in the Social Doctrine of the Church and in the realist-dynamic ontology of the Salesian philosopher Tommaso Demaria, Corpus understands historical reality as a dynamic super-organism and recognizes in the action of corporate bodies – especially enterprises – the decisive moment in which human freedom, in encountering truth, can either affirm or reject it, thus corresponding – or not – to God’s design. Promoted by the Nuova Costruttività Association, which for over twenty years has disseminated Demaria’s thought and fostered networks of organic-dynamic enterprises across the world, Corpus is active in Europe, Asia, and the Middle East, particularly in Vietnam and the Holy Land, with projects in technological development and social reconciliation underway in Nazareth, Bethlehem, and Jerusalem. Corpus arises from the awareness that history is vocation. It therefore seeks to accompany enterprise, culture, and technology toward embracing a new paradigm: the Eucharistic paradigm, capable of overcoming both materialist productivism and disembodied spiritualism. At the center of this vision stands the mystery of Christ – not merely as a confessional reference, but as an intelligible principle of reality that illuminates the destiny of the human person and of the entire human community. Within the Church, Corpus is particularly engaged in the field of Ecumenism, striving to make ever more visible the unity of the Mystical Body. In the secular and civil context, Corpus works so that economic, political, and technological structures – and the subjects who generate them – may become generative and constructive, recognizing that every historical action can grow and flourish insofar as it consciously and concretely participates in the edificatio Corporis Christi (Eph 4:12).  For this reason, it does not offer secular institutions ethical models, but rather a new ontological understanding of themselves – one that then translates into a new form of operation and, consequently, into a renewed social impact.
A cura di CORPUS INTERNATIONAL BUILDING THE CIVILIZATION OF LOVE
Autore: Simone Tropea 2 maggio 2025
A cura di Corpus International
Luca Cipriani spiega il ruolo dell'ideologie buone  e cattive
Autore: Luca Cipriani 25 aprile 2024
Il filosofo o lo studioso che si occupa di realismo integrale diviene di necessità anche un apostolo, perché l’impegno con l’essere della realtà storica lo rende persuaso della necessità della cultura-conoscenza come via necessaria all’azione politico-sociale [1] . E’ con questo spirito che mi accingo da filosofo non accademico a ripercorrere, con gli adeguati riferimenti bibliografici, i contenuti della relazione che ho tenuto un po’ a braccio il 21 marzo 2024 alla Pontificia Università Salesiana in occasione del convegno “ Tommaso Demaria: uno sguardo organico-dinamico sulla storia e sulla società .” L’essere della realtà storica appena accennato ci introduce al tema essenzialmente nuovo inaugurato da don Tommaso Demaria, essenzialmente diciamo ma non fenomenicamente poiché da questo punto di vista l’intuizione di molti ricercatori, per quanto non ancora riflessa a sufficienza, ha condotto molti a rendersi conto che il mondo in cui viviamo appare come una realtà globale, unitaria, interconnessa e in grado perciò di muoversi secondo logiche proprie e inesorabili che sfuggono perfino al controllo dei singoli potenti di turno. Discipline come la sociologia, la psicologia, le scienze dell’organizzazione ma anche la stessa economia rilevano da anni il fenomeno, tuttavia ancora manca alla cultura dominante una visione completa capace di dar conto di tutti gli aspetti in campo: materiali, relazionali, spirituali e metafisici. Lo scopo di questo discorso è quindi quello di stimolare una coscienza intorno all’essere della realtà, perché prima di agire occorre pensare e prima di pensare occorre essere, rendersi conto di essere e di vivere accanto ad altri esseri, perché l’essere precede l’agire non solo personale ma anche comunitario. Il percorso si articola in cinque passaggi che sono invero cinque domande: Di quale essere stiamo trattando? Una società ateo-materialista è in grado di prosperare o almeno sopravvivere? Cosa sono il pensiero unico, i grandi resets e il nuovo ordine mondiale di cui tanto si sente parlare? La ideologie sono tutte negative come tali oppure si deve tener conto del loro contenuto di verità? Possiamo indicare delle vie concrete? Sembra la prima una domanda fuori tempo massimo: a chi può mai interessare oggi un discorso sull’essere o sulla vita? La società liquida con i suoi deliri ha fatto evaporare ogni punto di riferimento stabile, ogni riscontro oggettivo: tutto cambia, tutto muta, tutto scorre, al più si può dire che tutto l’essere è il divenire stesso. Eppure la nebbia di una cultura nichilista pervasiva e invadente come quella moderna (per non dire modernista) non riesce a sopire completamente l’esigenza di essere, di senso e di significato che si scopre ancora incardinata nel cuore di ogni uomo. L’esperienza quotidiana carica di problemi enormi e di enormi opportunità ci catapulta nostro malgrado in un fluire di vicende storiche che non riusciamo a dominare e nemmeno a capire ma che in qualche modo contribuiamo a generare; il mondo va avanti anche con il nostro spesso inconsapevole sostegno e con logiche proprie; le leve del comando sono impersonali, occulte, segrete eppure reali, assegnate in modo oscuro ma lucido a guide concrete ma provvisorie e solo funzionali al perpetrarsi di un mondo che in fondo non vogliamo: la guerra torna a bussare inaspettata alla nostra porta. In questa profonda esigenza di essere, legata ad un perenne senso di malessere per un mondo che non capiamo, assume di nuovo un valore epocale tutta la riflessione di Demaria sulla Realtà Storica, tornando così potente, attuale e anzi necessaria. Quella che un tempo fu l’intuizione di un geniale metafisico oggi è esperienza concreta di molti uomini: la realtà storica appare davvero come un essere capace di vivere a agire a titolo proprio. La portata di questa intuizione comporta la richiesta teoretica di un’adeguata giustificazione: non ci può bastare il solo dato fenomenico anche se ormai di per sé evidente. Giustificazione che però non è possibile affrontare qui, ci basti per ora solo rilevare che alla griglia degli esseri oggetto della metafisica tradizionale e cioè l’uomo, la natura e Dio vi si aggiunge appunto anche l’essere della realtà storica che diventa tale, secondo il salesiano, a partire dalla rivoluzione industriale, imponendosi per di più come organismo dinamico vivo e perciò capace di vivere a agire a titolo proprio. [2] Sono affermazioni importanti che suscitano curiosità ma anche timori: se la realtà storica vive agisce a titolo proprio dove va a finire la libertà umana? La libertà, proprietà inalienabile della natura umana, è un bene prezioso e un dono esclusivo che ogni uomo e anche ogni società hanno ricevuto per scegliere cosa fare di sé stessi. Essa è talmente necessaria che la realtà storica come tale la esige a livello essenziale anche se purtroppo a livello esistenziale può accadere ed accade di fatto che la storia, animata da logiche contrarie al suo vero dover essere ontologico, finisca per negarla, reprimerla o falsarla, assoggettandola a scelte mortifere anziché vitali. Così avviene che se la realtà storica assume logiche contrarie alla sua vera natura e ciò avviene proprio in ragione della libertà umana, anche la comprensione di tutti gli altri esseri ne risulta influenzata e perfino deformata: la persona diventa fluida oppure un ingranaggio, la natura sfruttata o divinizzata, il Dio Creatore rifiutato o umanizzato, con enormi conseguenze sul piano dell’agire collettivo. Comprendere il vero dover essere della realtà storica diventa perciò imperativo decisivo proprio per poter orientare alla convivenza libera e funzionale la vita di miliardi di persone. Il negare questa prospettiva ci espone nostro malgrado ad un agire inconsulto e senza prospettiva e a lasciarci dominare dalla logica bruta di una materia orfana della forma vera, materia che per surrogazione finisce per alienare sé stessa nel ruolo di forma in una prassi senza senso perché in fondo senza retta dottrina, come direbbero i metafisici realisti di un tempo. Per questa via gli stessi cristiani e gli uomini di volontà buona [3] (cioè volontà orientata al bene) vanno a servire inconsapevoli la costruzione della società fondata sul materialismo che, secondo il salesiano, è l’anticamera dell’ateismo prima ontologico e poi religioso [4] . A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che in fondo questo non è necessariamente un male, in fin dei conti anche le società ateo-materialiste, che sono quelle ormai realmente esistenti, possono funzionare se non bene almeno in modo accettabile. L’evidenza storica ci palesa tuttavia senza sconti che non è così e con questa affermazione iniziamo a rispondere alla seconda domanda. Gli “organismi mostro” incarnati dai sistemi capitalisti e comunisti e dai loro discendenti modernisti, fondati sull’assoluto ateo-materialista e così denominati da Demaria nel suo lungimirante testo La società alternativa [5] , stanno manifestando di nuovo oggi la rinnovata ferocia delle loro false premesse. In qualche modo essi vivono sempre a scapito di qualcos’altro: la natura, i poveri, la libertà, Dio stesso. E se queste società potessero anche risolvere (ma non possono!) gran parte dei problemi materiali che ci affliggono, resterebbe strutturalmente irrisolto il senso dell’esistere umano che fatalmente, rinchiuso nell’alveo della materia bruta, si tradurrebbe in un dramma suicida invece che in un’epica maestosa. E’ in questo clima illusorio che oggi si discute molto di pensiero unico, di grande reset, di nuovo ordine mondiale . Intanto mi viene da chiedere, perché cancellare tutto? Forse perché siamo talmente pieni di debito economico a livello mondiale che solo la sua cancellazione, con l’aiuto magari della guerra, può permettere di ripartire? E un’ipotesi che mi pare folle ma anche brutalmente realistica. Il martellamento mediatico proveniente da sponde spesso opposte ci dice altresì che non c’è una sola idea di “reset”, né una sola proposta di “pensiero unico”. Ce ne sono varie e in concorrenza tra loro, che si accusano a vicenda di complottismo, di seduzione, di violenza: capitalismo green, socialismo arcobaleno, socialismo capitalista, imperialismo misticheggiante (se non direttamente ateo-materialista almeno con un errato rapporto spirito/materia). Sono tante le prospettive di “Unico Ordine Mondiale” che si propongono come salvifiche. Ma tutto questo non è una novità , ciò che è cambiato sono solo le etichette, i nomi, le parole, ma la realtà che sottendono è sempre la medesima, quelle esplicitata dal nostro Demaria. L’esigenza di un nuovo ordine mondiale e di pensiero unico non sono che la riedizione aggiornata di quella pletora di ideologie, pseudoideologie e paraideologie che dalla rivoluzione industriale in poi cercano di dare un ordine al caos di una prassi diventata dinamica. Esse si scontrano, si fondono, si camuffano in un susseguirsi di morti e rinascite fino ad arrivare all’esito forse finale, denunciato da Benedetto XVI dell’ideologia del relativismo, che tutte le nega ma solo in fondo per affermare sé stessa, la più dogmatica. Ecco che quelle moderne, afferma Demaria, non sono più solo lotte fra popoli o nazioni ma lotte fra ideologie o meglio lotte fra ideoprassi. E in questa lotta reale per prevalere l’una sull’altra manifestano anche il loro tratto comune che le identifica e le inchioda: sono tutte prassi ontologicamente ateo-materialiste! Le uniche, ed è la storia a dirlo, che sono state in grado di portare l’umanità fin sull’orlo dell’auto-distruzione attraverso soprattutto la possibilità, oggi tornata concreta, della terza guerra mondiale nucleare. Eppure non si può fare a meno di una ideologia, cioè di una visione organica, integrale e coerente della vita umana che sappia coordinare l’agire di miliardi di persone; l’alternativa ad una qualche forma di ordine, ad una sorta prassi razionalizzata non è che la prassi selvaggia e il caos [6] . E’ stato questo l’intento della vita di Karl Marx ma anche dello stesso Adam Smith e di altri studiosi: scoprire la logica interna della storia. E cosa hanno concluso? Che la storia è materia che diviene o natura che evolve e che il cuore di questo divenire è l’economia la quale così è stata assunta non solo come base materiale della società ma anche come sua principale base spirituale. Analisi insufficiente, colma di pregiudizi, guidata da strumenti metafisici inadeguati, per cui è stato subordinato o separato lo spirito dalla materia e strutturalmente negata la soprannatura a favore della sola natura: direttamente attraverso la persecuzione violenta diretta o indirettamente attraverso la seduzione e l’occupazione di spazi e tempi. Secondo il nostro salesiano, il loro errore come quello di molti che li hanno seguiti e riaggiornati è stato proprio quello di aver posto come base spirituale della società una base che è solo materiale, l’economia appunto e di aver completamente o anche solo parzialmente ignorato il valore ontologico degli enti naturali a partire dall’uomo. Di qui l’ambizioso proposito del sacerdote piemontese di scoprire il vero logos nascosto all’interno della realtà storica. E’ questo un passaggio decisivo da comprendere profondamente: l’approdo al vero Assoluto della storia riconosciuta come realtà non è la composizione ordinata di un insieme di valori etici scelti in modo arbitrario, né il risultato di una rivelazione religiosa e nemmeno l’applicazione di una qualche dottrina costruita a priori a tavolino, è invece l’esito di una indagine metafisica rigorosa, coerente e completa che a partire dal dato di esperienza storico ci porta per esplicitazione, cioè attraverso una sorta di mostrazione [7] aristotelica, a scoprire il dover essere ontologico della realtà storica, dover essere che Demaria chiama tecnicamente essenza archetipa [8] . Questa ricerca del vero logos comporta inevitabilmente il confronto con la verità, la sua comprensione e la sua accettazione con tutti i rischi che questo comporta: la verità è più grande, nessuno possiede la verità, la verità bisogna servirla etc… Tutte espressioni che “i prudenti” giustamente manifestano per sottolineare la portata del problema ma che non lo risolvono anzi talvolta lo acuiscono cedendo spesso anche senza disputa alle “verità” sostenute da altri. A tal proposito Demaria infatti scrive: “ non si tratta né di una contrapposizione manichea, né di un accaparramento trionfalistico della verità. La verità bisogna servirla, ma per servirla bisogna conoscerla e riconoscerla […] non c’è insulto peggiore alla verità che rinnegarla o misconoscerla, col pretesto antitrionfalistico, di chi vi contrappone il proprio io con il sofisma dell’eterna ricerca ” [9] . Prosegue il Nostro: “ Oggi si preferisce il fare al pensare. Più che alla verità, che con falsa umiltà si proclama di «non possedere», si crede all'attività, ad un qualsiasi attivismo, riassorbito nell'attività personale con un totale rifiuto della sua rifusione razionale e cristiana nella prassi, anche se poi la presunta attività personale viene abbandonata alla deriva di tutte le prassi [10 ] .” E ancora: “ il discorso sulla verità oggi è impopolare. Si prova una certa nausea esistenzialista e pseudodemocratica nei suoi confronti. Si ha l’impressione o la convinzione che la verità sia diventata sinonimo di dittatura intellettuale, mentre l’errore sarebbe sinonimo di libertà e democrazia. [11 ] ” Richiami forti quelli demariani ad un impegno intellettuale coraggioso che pur nell’umiltà dell’approccio, teso ad evitare la tentazione arrogante di una saccenteria intellettuale, inclina deciso alla sfida della ricerca metafisica realistica integrale, opponendosi così alla non meno grave tentazione di una pusillanime rinuncia a priori. Ma quale può essere il criterio per individuare l’ideoprassi vera , il logos nascosto nel libro della storia che completa quello del libro della natura? [12] E’ questo se ricordate il quarto quesito proposto all’inizio. Demaria risponde schiettamente a questo interrogativo: “ Il problema della verità dell’ideologia si pone alla sua radice. Passa dalla prassi all’ideologia; dall’ideologia alla metafisica; e da una metafisica qualsiasi a una metafisica dinamica. Con ciò torna il problema di fondo: qual è la verità? Qual è la metafisica vera? […] la metafisica dinamica falsa è quella che genera un’ideologia ateo-materialista come anima della prassi; e la metafisica dinamica vera è quella che genera una ideologia come anima della prassi, non ateo-materialista […] che equivale all’affermazione dell’assoluto teo-spiritualista [13] ”. Sembra un continuo rimando ma di fatto non è possibile individuare l’assoluto vero della realtà storica, cioè quello teo-spiritualista, senza un’adeguata metafisica che per Demaria non può che essere la metafisica realistico integrale, ogni altra metafisica dinamica invece conduce all’assoluto ateo-materialista anche se a professarla è un credente, e quand’anche una metafisica dinamica non realista volesse escludere l’approdo ateo-materialista si fermerebbe a metà strada o peggio trascinerebbe alla meta che credeva di rinnegare [14] . Dai frutti conoscerete l’albero è l’insegnamento che porta a questa certezza. Ma per quale ragione è proprio quello teo-spiritualista l’assoluto vero della realtà storica? Qui il discorso giunge al suo compimento e trova la sua trattazione piena nel secondo dei tre volumi della trilogia. La constatazione è che la Realtà Storica è un ente vivo la cui forma non può che essere viva, una forma materiale inerte infatti non potrebbe che essere morta e restare morta. Forma viva e anche libera. Le uniche forme con queste caratteristiche sono la forma umana e quella divina, ma la forma umana non può che animare enti dinamici fenomenici e contingenti e non può in alcun modo rendere conto né di sè stessa, né di tutta la realtà creata. L’immediata e spontanea percezione metafisica dell’essere creaturale , a partire dal proprio io, è invece l'esperienza prima che mostra ad ognuno la propria insufficienza ad esistere da sè e rimanda quindi in modo razionale alla necessità dell'esistenza di Dio Creatore [15] ; senza questo fondamento trascendente tutto l’impianto metafisico realistico integrale fin qui presentato, resterebbe privo del necessario Garante [16] . L’unica forma viva perciò capace di dominare tutta la realtà passata, presente e futura sia naturale che storica non può che essere una forma divina; forma divina che per poter dominare la storia rispettandone la libertà deve poter agire anche dal di dentro e perciò essere ad un tempo non solo trascendente ma anche immanente, da cui l’approdo metafisico all’assoluto teo-spiritualista [17] . Ciò comporta in prima battuta per la forma sociale vera i tre presupposti negativi della non subordinazione dello spirito alla materia, della non separazione dello spirito dalla materia e della non separazione della natura dalla soprannatura [18] e in seconda battuta i suoi presupposti positivi e cioè la sua universalità, necessità, assolutezza e attualità [19] . Ho delineato in estrema sintesi il percorso filosofico demariano cui appartengono conseguenze pratiche impressionanti, la più importante delle quali è questa: senza adeguato strumento metafisico è impossibile mobilitare nella storia l’ideoprassi vera, non è cioè possibile la costruzione di una convivenza umana veramente funzionale. La metafisica assume così il suo valore concreto postulato nell’ultimo dei quesiti che ho posto all’inizio di questo lavoro. La prima, concreta e vitale esigenza è per questo motivo la formazione permanente di metafisici realistico integrali capaci di indirizzare la costruzione della società e per ciò è necessario e non più rimandabile una cattedra universitaria specifica di metafisica realistico integrale e a cascata di ideoprassiologia. Per questa via anche politica ed economia troverebbero il loro metodo e gli operatori economici, a partire dagli imprenditori, guide sempre più adeguate. La piramide dei bisogni materiali, relazionali e spirituali soprannaturali individuata anche dai più acuti economisti [20] , riceverebbe una solida pezza d’appoggio metafisica con il giusto indirizzo per evitare perniciose deviazioni verso false sirene progressiste o di contro verso ristagni statici economicamente insostenibili e impotenti a resistere al costruirsi dinamico della storia. La cultura della vita (statica e dinamica), della famiglia stabile, degli autentici valori umani, del rapporto oggettivo con le altre religioni, della libertà a servizio del bene, della persona come cellula viva attiva del corpo sociale, dell’autentica convivenza umana pacifica a livello universale avrebbero non solo diritto di esistenza sul piano culturale ma anche un concreto efficace rilancio. [1] T. Demaria, 2° Vol.,Metafisica della Realtà Storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 188. [2] T. Demaria, Metafisica e Metodo, da raccolta articoli rivista Nuove Prospettive. [3] S. Fontana, La sapienza dei medievali, Fede&Cultura, Verona 2018, p. 134 [4] T. Demaria, La Società Alternativa, Ed. Il Segno, Verona 1982, p. 15 [5] T. Demaria, La società Alternativa, ed. Il Segno, Verona 1982, p.19 [6] T. Demaria, Cristianesimo e realtà sociale, Ed. Villa Sorriso di Maria, Varese, 1959, p.47: “cosa è l’idelogia: è la visione dinamica, sintetica e concreta della vita e del mondo che si traduce nella teoria della pratica e nella pratica della teoria!” [7] G. Reale, Guida alla lettura della metafisica di Aristotele, Laterza Bari, 2004, p. 33 [8] T. Demaria, 1° Vol. Ontologia realistico-dinamica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 165 [9] T. Demaria, 5° Vol. Sintesi Sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 12 [10] T. Demaria, 5° Vol, Sintesi Sociale Cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 407. [11] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 232 [12] T. Demaria, Sinossi 1984, dispensa convegno Roma, 1984, p.10 [13] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 234 [14] Ivi, p. 235 [15] T. Demaria, 2° Vol, Metafisica della realtà storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 200- G. Zamboni, La persona umana, Vita e Pensiero, Milano 1983, p. 485 e 487. [16] T: Demaria, La società alternative, ed. Il Segno, Verona,1982, p. 18 [17] Ivi, p. 226 [18] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 272 [19] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 278 [20] Si veda relazione del prof. Zamagni in https://www.nuovacostruttivita.it/quali-scienze-sociali-per-il-cambiamento-depoca in occasione del convegno online di Nuova Costruttività, il 20 ottobre 2022: Quali scienze sociali per il cambiamento d’epoca.
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