Una sfida inedita. La rivoluzione transumanista.

Redazione • apr 15, 2017

20-03-2017 – di Diego Marchiori

Premessa

L’ Appello politico agli italiani: Un Paese smarrito e la speranza di un popolo offre già una serie di spunti di discussione sulle sfide in atto come libertà di educazione, sussidiarietà applicata, famiglia e politiche per la vita, riforme istituzionali, politiche per il lavoro, immigrazione. Ma con questa appendice vorrei aggiungere un tema che nei prossimi mesi/anni sarà sempre più dominante – lo è già ma non ce ne siamo pienamente accorti –  dal momento che riguarderà uno stravolgimento totale delle nostre vite, più di quanto non lo sia stato finora: la rivoluzione informatica degli anni ’70 si è evoluta nella rivoluzione robotica, ovvero nella 4^ rivoluzione industriale la quale propone sfide inedite per l’umanità . Ritengo che questo argomento, pur impopolare, dovrebbe entrare con priorità nell’agenda politico – elettorale di chi si presenterà alle prossime elezioni.

Breve analisi della questione

« La grande sfida di oggi è che l’automazione, tramite software e robot, sta allargando la sua portata a tutti gli aspetti di competenza umana, comprese le capacità di analisi e di giudizio» . Così Nicholas Carr intervistato da Francesco Borgonovo. [1]

Come in ogni rivoluzione in cui la tecnologia cambiano le abitudini umane, i rapporti di forza sociali, le tecniche lavorative. Ma la 4^ rivoluzione industriale rischia di cambiare anche la visione antropologica, l’ utopismo tecnologico che si è già affacciato nelle nostre vite non sta promuovendo un semplice (presunto) miglioramento della qualità della vita dell’uomo, ma anche un nuovo uomo.

L’Industria 4.0 tanto apprezzata ed osannata dai grandi gruppi industriali, dalla grande finanza, da alcuni gruppi politici, viene proposta come la panacea dei mali della perdurante crisi economica; “finalmente l’Italia entra nell’era digitale”, “finalmente si torna a crescere”. Questi, in sintesi, gli slogan. Ad un’attenta analisi possiamo notare infatti già qualche presagio delle contraddizioni dell’ utopia del progresso : la produzione industriale cresce molto di più dell’occupazione, come mai? Carr ha citato lo studio di due ricercatori di Oxford del 2013 intitolato “ il futuro dell’occupazione ” ed è emerso che su 702 mestieri diversi si stima la scomparsa del 47% degli impieghi a favore delle macchine intelligenti nei soli Stati Uniti. Per l’Europa la stima sale al 50% [2].

Sollecitati da tale studio e consapevoli che i primi a poterne subire le conseguenze – o governare le opportunità – sono stati i giovani italiani di Confartigianato che nel 2015 hanno elaborato un Manifesto [3]. In questo Manifesto, che a mio avviso dimostra una gioventù molto sensibile ai cambiamenti in atto e alle sfide che comportano [4] , si può scorgere tutta la tensione che genera il nuovo equilibrio tra umano e tecnologico e che avrà conseguenze enormi. Tuttavia è la stessa tensione che dall’avvento della modernità in poi accompagna le società contemporanee: progresso vs conservazione; innovazione vs tradizione.

Lo stravolgimento tecnologico sta esplodendo in tutta la sua evidenza.

Ma facciamo un passo ulteriore: da quando si parla di post-umanesimo, post-verità, post-modernità, significa che qualcosa di fondamentale sta cambiando e i più si trovano ancora impreparati.

Lo spaventoso laboratorio del nuovo Adamo  

Nel recente bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa dell’Oss. Van Thuan [5] si è parlato proprio di questo: Transumanesimo: lo spaventoso laboratorio del “nuovo Adamo” . Mons. Crepaldi lancia l’avvertimento: «Ci sono oggi correnti teoriche e attività pratiche, finanziate e sostenute da enormi risorse mondiali, che invece vogliono andare oltre l’uomo. Si tratta appunto del transumanesimo».

Succeduto alla morte di Dio invocata da Nietzsche – prosegue mons. Crepaldi – « il progetto dell’oltreuomo provoca la morte dell’uomo e non la sua esaltazione » e prosegue: « Oggi si vuole andare verso l’uomo ibrido animale-macchina [6] , potenziato nelle sue prestazioni tramite l’identificazione con la macchina e retrocesso nel suo valore tramite una evoluzione a rovescio a pura animalità». E si chiede: « Come potrà la Dottrina Sociale della Chiesa non confrontarsi con questi orizzonti oggi più attuali? ». Io aggiungo: come può la politica ignorare una sfida di tale portata?

Ma per combattere e vincere una sfida di tal fatta si può pensare che sia sufficiente qualche intervento legislativo? Qualche nuovo regolamento, qualche protesta di piazza? No! Mi trovo d’accordo con mons. Leuzzi quando – in occasione dell’anno della fede – scrisse: « la fede teologale è dell’uomo divenuto costruttore della realtà storica, nella sintesi di anima e di corpo, mentre la fede religiosa può limitarsi alla difesa dei valori etico-morali, insufficienti per la promozione di un nuovo umanesimo che promuova l’uomo nella sua unità di anima e corpo come costruttore e non semplice spettatore della storia […] Il monismo antropologico, invece, promuove e si fa garante dell’assorbimento della persona umana nella prassi, la cui prima manifestazione è la sua frammentazione [7] » antropologica, storica, biologica . E il percorso che gli ultimi cinquant’anni si è presentato è proprio il seguente: « prima sessualità senza procreazione, poi procreazione senza sessualità e, infine, sessualità senza differenze [8] ».

Ossia.

Con il legame sempre più stretto tra sviluppo della tecnica e sperimentazione scientifica, il mostro di Frankenstein di Mery Shelley sembra farsi sempre più possibile. Una mostruosità che preoccupa, e non a caso lo scorso novembre la Pontificia Università Lateranense ha organizzato un primo summit internazionale [9] con esponenti del mondo digitale e in cui ci si sono confrontati attorno alla domanda: “ Quali sono le trasformazioni che la rivoluzione digitale porta con sé, quali i valori che ci devono sostenere?”

Francamente non so che cosa possa rispondere in fatto di valori un patron di Google o di Facebook, ma la questione è tanto banale quanto drammatica: siamo di fronte ad un bivio che può rendere la persona più persona, o disumanizzarla . E l’approccio meccanicistico ostile a riconoscere che la persona umana non è solo corpo, ma anche anima, quindi non è solo fisica, ma anche metafisica, non è solo forma, ma anche sostanza; non sembra far ben sperare. Lo vediamo nelle legislazioni internazionali sempre più invasive riguardo la vita, la famiglia, il rapporto con la sofferenza e la morte. Legislazioni non solo invasive, ma sempre più aggressive [10] verso chi sostiene l’indisponibilità della persona umana ai vari riduzionismi. L’esempio più grave è l’utero in affitto [11] e le proposte neomalthusiane di fondazioni come Bill e Melinda Gates che promuovono il controllo delle nascite [12] nelle donne povere del mondo anche con dispositivi tecnologici sottocutanei.

La rivoluzione tecnologica investe tutta l’esistenza umana: dal concepimento alla morte, dai rapporti interpersonali al lavoro, dalla politica all’economia. È una rivoluzione totale verso la quale ci troviamo drammaticamente impreparati. Sul piano operativo ed anche sul piano ideale. Il relativismo ci ha offuscato la mente per cui non sappiamo più distinguere nettamente ciò che è buono da ciò che è cattivo. Non sappiamo più cercare il bene e fuggire il male , ma conviviamo acriticamente con tutte quelle strutture sociali di peccato che stanno seminando il cancro della cultura della morte.

Benedetto XVI è stato molto chiaro riguardo il rapporto tra sviluppo tecnico ed umano: « Lo sviluppo tecnologico può indurre l’idea dell’autosufficienza della tecnica stessa quando l’uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire [13] » . Il potere ideologico della tecnica, prosegue il papa « rende oggi così forte la mentalità tecnicistica da far coincidere il vero con il fattibile . Ma quando l’unico criterio della verità è l’efficienza e l’utilità, lo sviluppo viene automaticamente negato [14] ».

L’enciclica è stata scritta all’origine della grande crisi finanziaria mondiale, quasi a denunciare proprio l’efficientismo e l’utilitarismo che stanno dominando le scelte economiche. Ma la lezione non sembra essere stata accolta.

Un esempio molto concreto è dato proprio dal piano per l’industria 4.0 proposto dal Governo Renzi. Si parla di tutto fuorché della grande contraddizione che comporta la robotizzazione e l’inserimento dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi: la disoccupazione dovuta al rimpiazzamento delle persone con robot ed umanoidi.  Sempre Nicholas Carr afferma: «F ino a poco tempo fa, la maggior parte dell’automazione riguardava lavori manuali o fisici, in particolare il lavoro in fabbrica e quello di produzione agricola. Con i computer, però, l’automazione si sposta nel mondo dei cosiddetti “lavoratori della conoscenza”» ; la rivoluzione in atto coinvolgerà quindi anche i colletti bianchi [15].

Non solo. Ma mentre si parla di efficienza e flessibilità per i processi industriali, si dimentica che la persona non è un robot, e quindi per potersi ricollocare nel mercato del lavoro « ed acquisire nuove competenze non è una cosa che succede in una notte [16] ».

Il necessario ruolo della politica

Da più parti ci si chiede che cosa sia ormai Politica . Essa ha perso il suo compito e la sua efficacia forse perché ha perso il senso per cui esiste. Se la politica è affari, se la politica è solo contrattazione tra interessi, allora non è Politica. Se manca cioè una chiara visione di che cosa sia l’uomo, la società degli uomini, il mondo che lo circonda, da dove proviene e dove finirà, la politica si riduce a cieca passacarte di processi relativi.

Ciò è ancor più grave se rapportato alla rivoluzione che sta avvenendo. E volendo avviarmi alla conclusione vorrei abbozzare alcune proposte concrete:

  1. La politica deve riappropriarsi del proprio ruolo rispetto al paradigma tecnocratico, alla finanziarizzazione dell’economia, alla prepotenza scientifica sulla vita umana. Deve ribadire un’etica indisponibile, una verità accessibile alla ragione che limita la presunta libertà di fare tutto ciò che è tecnicamente possibile.
  2. Va creata una nuova alleanza politica che elabori soluzioni concrete rispetto al progressismo tecnologico e al riduzionismo umano. È un lavoro anzitutto culturale di riscoperta dei valori di fondo che accomunano ogni essere umano.
  3. Lavorare su proposte di legge di rango costituzionale in cui sia ribadito che:
    1. Il lavoro è uno strumento al servizio dell’uomo e mai il contrario;
    2. La dignità di ogni essere umano non può essere riducibile ai meccanismi della tecnica;
    3. L’essere umano è un essere indisponibile alla sperimentazione tecno-scientifica.
  4. Va creato uno statuto unico della robotica e dell’intelligenza artificiale in cui si regolamentano le politiche dei processi produttivi, a garanzia della dignità del lavoro, della giusta retribuzione salariale, dei tempi di lavoro e di riposo.
  5. Vanno create limitazioni ai nuovi centri di potere tecnologico che hanno sede fuori dai confini nazionali, ma che sono degli influencer pubblici rilevanti.

Per la complessità del tema chiaramente non posso né essere esaustivo, né esente da qualche errore di valutazione. Reputo tuttavia che la questione sia più urgente che mai poiché tocca tutte le dimensioni dell’umano, e tutti gli ambiti della vita sociale, lavorativa, familiare, biologica. E’ una sfida inedita che coglie molti ancora impreparati , e precipuo compito del politico è saper vedere oltre ed indicare soluzioni coerenti con la dignità della persona umana, la sussidiarietà e la solidarietà, il bene comune. Anche quando questo non conviene sul piano elettorale.

Diego Marchiori (diego.marchiori.dm@gmail.com)

 

Riferimenti e approfondimenti

Notizie

Sulla 4^ rivoluzione industriale

Sui documenti del Magistero riguardo lo sviluppo e la tecnica

Libri ed articoli

Eugenia Roccella, Fine della maternità , Siena, 2015

Famiglia domani, atti del convegno “ La teoria del gender, per l’uomo o contro l’uomo? ” Chiedi, 2014

M. Dugain e C. Labbè, L’uomo nudo , Damiani editore

J. Kaplan, Le persone non servono , Luiss University Press

R. Sennet, L’uomo artigiano , Feltrinelli

Articoli dell’Autore

Interventi legislativi

 

[1] La Verità 7/12/2016 pp.16-17

[4] Per un mio commento specifico vedi: Dal Manifesto nazionale per un DNA veronese

[5] Per una lettura approfondita vedi Bollettino DSC n.2/anno XII

[8] idem

[10] Ultima in ordine di tempo è la proposta di legge francese che vuole ostacolare i siti pro-life

[11] Basta digitare sulla ricerca Google “utero in affitto” o “maternità surrogata” o “gestazione per altri” o “fecondazione eterologa” per comprendere la portata della questione.

[12] Qui Melinda Gates  a Tedx Germania esordisce dicendo che il tema della contraccezione “è controverso quando dovrebbe essere incontrovertibile”. E’ il volto della dittatura gentile del movimento abortista mondiale.

[13] Benedetto XVI. Caritas in Veritate n.70. Città del Vaticano 2009

[14] Idem

[15] La Verità del 07/12/2016 pp.16-17

[16] Idem

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Autore: Redazione 25 apr, 2024
Il filosofo o lo studioso che si occupa di realismo integrale diviene di necessità anche un apostolo, perché l’impegno con l’essere della realtà storica lo rende persuaso della necessità della cultura-conoscenza come via necessaria all’azione politico-sociale [1] . E’ con questo spirito che mi accingo da filosofo non accademico a ripercorrere, con gli adeguati riferimenti bibliografici, i contenuti della relazione che ho tenuto un po’ a braccio il 21 marzo 2024 alla Pontificia Università Salesiana in occasione del convegno “ Tommaso Demaria: uno sguardo organico-dinamico sulla storia e sulla società .” L’essere della realtà storica appena accennato ci introduce al tema essenzialmente nuovo inaugurato da don Tommaso Demaria, essenzialmente diciamo ma non fenomenicamente poiché da questo punto di vista l’intuizione di molti ricercatori, per quanto non ancora riflessa a sufficienza, ha condotto molti a rendersi conto che il mondo in cui viviamo appare come una realtà globale, unitaria, interconnessa e in grado perciò di muoversi secondo logiche proprie e inesorabili che sfuggono perfino al controllo dei singoli potenti di turno. Discipline come la sociologia, la psicologia, le scienze dell’organizzazione ma anche la stessa economia rilevano da anni il fenomeno, tuttavia ancora manca alla cultura dominante una visione completa capace di dar conto di tutti gli aspetti in campo: materiali, relazionali, spirituali e metafisici. Lo scopo di questo discorso è quindi quello di stimolare una coscienza intorno all’essere della realtà, perché prima di agire occorre pensare e prima di pensare occorre essere, rendersi conto di essere e di vivere accanto ad altri esseri, perché l’essere precede l’agire non solo personale ma anche comunitario. Il percorso si articola in cinque passaggi che sono invero cinque domande: Di quale essere stiamo trattando? Una società ateo-materialista è in grado di prosperare o almeno sopravvivere? Cosa sono il pensiero unico, i grandi resets e il nuovo ordine mondiale di cui tanto si sente parlare? La ideologie sono tutte negative come tali oppure si deve tener conto del loro contenuto di verità? Possiamo indicare delle vie concrete? Sembra la prima una domanda fuori tempo massimo: a chi può mai interessare oggi un discorso sull’essere o sulla vita? La società liquida con i suoi deliri ha fatto evaporare ogni punto di riferimento stabile, ogni riscontro oggettivo: tutto cambia, tutto muta, tutto scorre, al più si può dire che tutto l’essere è il divenire stesso. Eppure la nebbia di una cultura nichilista pervasiva e invadente come quella moderna (per non dire modernista) non riesce a sopire completamente l’esigenza di essere, di senso e di significato che si scopre ancora incardinata nel cuore di ogni uomo. L’esperienza quotidiana carica di problemi enormi e di enormi opportunità ci catapulta nostro malgrado in un fluire di vicende storiche che non riusciamo a dominare e nemmeno a capire ma che in qualche modo contribuiamo a generare; il mondo va avanti anche con il nostro spesso inconsapevole sostegno e con logiche proprie; le leve del comando sono impersonali, occulte, segrete eppure reali, assegnate in modo oscuro ma lucido a guide concrete ma provvisorie e solo funzionali al perpetrarsi di un mondo che in fondo non vogliamo: la guerra torna a bussare inaspettata alla nostra porta. In questa profonda esigenza di essere, legata ad un perenne senso di malessere per un mondo che non capiamo, assume di nuovo un valore epocale tutta la riflessione di Demaria sulla Realtà Storica, tornando così potente, attuale e anzi necessaria. Quella che un tempo fu l’intuizione di un geniale metafisico oggi è esperienza concreta di molti uomini: la realtà storica appare davvero come un essere capace di vivere a agire a titolo proprio. La portata di questa intuizione comporta la richiesta teoretica di un’adeguata giustificazione: non ci può bastare il solo dato fenomenico anche se ormai di per sé evidente. Giustificazione che però non è possibile affrontare qui, ci basti per ora solo rilevare che alla griglia degli esseri oggetto della metafisica tradizionale e cioè l’uomo, la natura e Dio vi si aggiunge appunto anche l’essere della realtà storica che diventa tale, secondo il salesiano, a partire dalla rivoluzione industriale, imponendosi per di più come organismo dinamico vivo e perciò capace di vivere a agire a titolo proprio. [2] Sono affermazioni importanti che suscitano curiosità ma anche timori: se la realtà storica vive agisce a titolo proprio dove va a finire la libertà umana? La libertà, proprietà inalienabile della natura umana, è un bene prezioso e un dono esclusivo che ogni uomo e anche ogni società hanno ricevuto per scegliere cosa fare di sé stessi. Essa è talmente necessaria che la realtà storica come tale la esige a livello essenziale anche se purtroppo a livello esistenziale può accadere ed accade di fatto che la storia, animata da logiche contrarie al suo vero dover essere ontologico, finisca per negarla, reprimerla o falsarla, assoggettandola a scelte mortifere anziché vitali. Così avviene che se la realtà storica assume logiche contrarie alla sua vera natura e ciò avviene proprio in ragione della libertà umana, anche la comprensione di tutti gli altri esseri ne risulta influenzata e perfino deformata: la persona diventa fluida oppure un ingranaggio, la natura sfruttata o divinizzata, il Dio Creatore rifiutato o umanizzato, con enormi conseguenze sul piano dell’agire collettivo. Comprendere il vero dover essere della realtà storica diventa perciò imperativo decisivo proprio per poter orientare alla convivenza libera e funzionale la vita di miliardi di persone. Il negare questa prospettiva ci espone nostro malgrado ad un agire inconsulto e senza prospettiva e a lasciarci dominare dalla logica bruta di una materia orfana della forma vera, materia che per surrogazione finisce per alienare sé stessa nel ruolo di forma in una prassi senza senso perché in fondo senza retta dottrina, come direbbero i metafisici realisti di un tempo. Per questa via gli stessi cristiani e gli uomini di volontà buona [3] (cioè volontà orientata al bene) vanno a servire inconsapevoli la costruzione della società fondata sul materialismo che, secondo il salesiano, è l’anticamera dell’ateismo prima ontologico e poi religioso [4] . A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che in fondo questo non è necessariamente un male, in fin dei conti anche le società ateo-materialiste, che sono quelle ormai realmente esistenti, possono funzionare se non bene almeno in modo accettabile. L’evidenza storica ci palesa tuttavia senza sconti che non è così e con questa affermazione iniziamo a rispondere alla seconda domanda. Gli “organismi mostro” incarnati dai sistemi capitalisti e comunisti e dai loro discendenti modernisti, fondati sull’assoluto ateo-materialista e così denominati da Demaria nel suo lungimirante testo La società alternativa [5] , stanno manifestando di nuovo oggi la rinnovata ferocia delle loro false premesse. In qualche modo essi vivono sempre a scapito di qualcos’altro: la natura, i poveri, la libertà, Dio stesso. E se queste società potessero anche risolvere (ma non possono!) gran parte dei problemi materiali che ci affliggono, resterebbe strutturalmente irrisolto il senso dell’esistere umano che fatalmente, rinchiuso nell’alveo della materia bruta, si tradurrebbe in un dramma suicida invece che in un’epica maestosa. E’ in questo clima illusorio che oggi si discute molto di pensiero unico, di grande reset, di nuovo ordine mondiale . Intanto mi viene da chiedere, perché cancellare tutto? Forse perché siamo talmente pieni di debito economico a livello mondiale che solo la sua cancellazione, con l’aiuto magari della guerra, può permettere di ripartire? E un’ipotesi che mi pare folle ma anche brutalmente realistica. Il martellamento mediatico proveniente da sponde spesso opposte ci dice altresì che non c’è una sola idea di “reset”, né una sola proposta di “pensiero unico”. Ce ne sono varie e in concorrenza tra loro, che si accusano a vicenda di complottismo, di seduzione, di violenza: capitalismo green, socialismo arcobaleno, socialismo capitalista, imperialismo misticheggiante (se non direttamente ateo-materialista almeno con un errato rapporto spirito/materia). Sono tante le prospettive di “Unico Ordine Mondiale” che si propongono come salvifiche. Ma tutto questo non è una novità , ciò che è cambiato sono solo le etichette, i nomi, le parole, ma la realtà che sottendono è sempre la medesima, quelle esplicitata dal nostro Demaria. L’esigenza di un nuovo ordine mondiale e di pensiero unico non sono che la riedizione aggiornata di quella pletora di ideologie, pseudoideologie e paraideologie che dalla rivoluzione industriale in poi cercano di dare un ordine al caos di una prassi diventata dinamica. Esse si scontrano, si fondono, si camuffano in un susseguirsi di morti e rinascite fino ad arrivare all’esito forse finale, denunciato da Benedetto XVI dell’ideologia del relativismo, che tutte le nega ma solo in fondo per affermare sé stessa, la più dogmatica. Ecco che quelle moderne, afferma Demaria, non sono più solo lotte fra popoli o nazioni ma lotte fra ideologie o meglio lotte fra ideoprassi. E in questa lotta reale per prevalere l’una sull’altra manifestano anche il loro tratto comune che le identifica e le inchioda: sono tutte prassi ontologicamente ateo-materialiste! Le uniche, ed è la storia a dirlo, che sono state in grado di portare l’umanità fin sull’orlo dell’auto-distruzione attraverso soprattutto la possibilità, oggi tornata concreta, della terza guerra mondiale nucleare. Eppure non si può fare a meno di una ideologia, cioè di una visione organica, integrale e coerente della vita umana che sappia coordinare l’agire di miliardi di persone; l’alternativa ad una qualche forma di ordine, ad una sorta prassi razionalizzata non è che la prassi selvaggia e il caos [6] . E’ stato questo l’intento della vita di Karl Marx ma anche dello stesso Adam Smith e di altri studiosi: scoprire la logica interna della storia. E cosa hanno concluso? Che la storia è materia che diviene o natura che evolve e che il cuore di questo divenire è l’economia la quale così è stata assunta non solo come base materiale della società ma anche come sua principale base spirituale. Analisi insufficiente, colma di pregiudizi, guidata da strumenti metafisici inadeguati, per cui è stato subordinato o separato lo spirito dalla materia e strutturalmente negata la soprannatura a favore della sola natura: direttamente attraverso la persecuzione violenta diretta o indirettamente attraverso la seduzione e l’occupazione di spazi e tempi. Secondo il nostro salesiano, il loro errore come quello di molti che li hanno seguiti e riaggiornati è stato proprio quello di aver posto come base spirituale della società una base che è solo materiale, l’economia appunto e di aver completamente o anche solo parzialmente ignorato il valore ontologico degli enti naturali a partire dall’uomo. Di qui l’ambizioso proposito del sacerdote piemontese di scoprire il vero logos nascosto all’interno della realtà storica. E’ questo un passaggio decisivo da comprendere profondamente: l’approdo al vero Assoluto della storia riconosciuta come realtà non è la composizione ordinata di un insieme di valori etici scelti in modo arbitrario, né il risultato di una rivelazione religiosa e nemmeno l’applicazione di una qualche dottrina costruita a priori a tavolino, è invece l’esito di una indagine metafisica rigorosa, coerente e completa che a partire dal dato di esperienza storico ci porta per esplicitazione, cioè attraverso una sorta di mostrazione [7] aristotelica, a scoprire il dover essere ontologico della realtà storica, dover essere che Demaria chiama tecnicamente essenza archetipa [8] . Questa ricerca del vero logos comporta inevitabilmente il confronto con la verità, la sua comprensione e la sua accettazione con tutti i rischi che questo comporta: la verità è più grande, nessuno possiede la verità, la verità bisogna servirla etc… Tutte espressioni che “i prudenti” giustamente manifestano per sottolineare la portata del problema ma che non lo risolvono anzi talvolta lo acuiscono cedendo spesso anche senza disputa alle “verità” sostenute da altri. A tal proposito Demaria infatti scrive: “ non si tratta né di una contrapposizione manichea, né di un accaparramento trionfalistico della verità. La verità bisogna servirla, ma per servirla bisogna conoscerla e riconoscerla […] non c’è insulto peggiore alla verità che rinnegarla o misconoscerla, col pretesto antitrionfalistico, di chi vi contrappone il proprio io con il sofisma dell’eterna ricerca ” [9] . Prosegue il Nostro: “ Oggi si preferisce il fare al pensare. Più che alla verità, che con falsa umiltà si proclama di «non possedere», si crede all'attività, ad un qualsiasi attivismo, riassorbito nell'attività personale con un totale rifiuto della sua rifusione razionale e cristiana nella prassi, anche se poi la presunta attività personale viene abbandonata alla deriva di tutte le prassi [10 ] .” E ancora: “ il discorso sulla verità oggi è impopolare. Si prova una certa nausea esistenzialista e pseudodemocratica nei suoi confronti. Si ha l’impressione o la convinzione che la verità sia diventata sinonimo di dittatura intellettuale, mentre l’errore sarebbe sinonimo di libertà e democrazia. [11 ] ” Richiami forti quelli demariani ad un impegno intellettuale coraggioso che pur nell’umiltà dell’approccio, teso ad evitare la tentazione arrogante di una saccenteria intellettuale, inclina deciso alla sfida della ricerca metafisica realistica integrale, opponendosi così alla non meno grave tentazione di una pusillanime rinuncia a priori. Ma quale può essere il criterio per individuare l’ideoprassi vera , il logos nascosto nel libro della storia che completa quello del libro della natura? [12] E’ questo se ricordate il quarto quesito proposto all’inizio. Demaria risponde schiettamente a questo interrogativo: “ Il problema della verità dell’ideologia si pone alla sua radice. Passa dalla prassi all’ideologia; dall’ideologia alla metafisica; e da una metafisica qualsiasi a una metafisica dinamica. Con ciò torna il problema di fondo: qual è la verità? Qual è la metafisica vera? […] la metafisica dinamica falsa è quella che genera un’ideologia ateo-materialista come anima della prassi; e la metafisica dinamica vera è quella che genera una ideologia come anima della prassi, non ateo-materialista […] che equivale all’affermazione dell’assoluto teo-spiritualista [13] ”. Sembra un continuo rimando ma di fatto non è possibile individuare l’assoluto vero della realtà storica, cioè quello teo-spiritualista, senza un’adeguata metafisica che per Demaria non può che essere la metafisica realistico integrale, ogni altra metafisica dinamica invece conduce all’assoluto ateo-materialista anche se a professarla è un credente, e quand’anche una metafisica dinamica non realista volesse escludere l’approdo ateo-materialista si fermerebbe a metà strada o peggio trascinerebbe alla meta che credeva di rinnegare [14] . Dai frutti conoscerete l’albero è l’insegnamento che porta a questa certezza. Ma per quale ragione è proprio quello teo-spiritualista l’assoluto vero della realtà storica? Qui il discorso giunge al suo compimento e trova la sua trattazione piena nel secondo dei tre volumi della trilogia. La constatazione è che la Realtà Storica è un ente vivo la cui forma non può che essere viva, una forma materiale inerte infatti non potrebbe che essere morta e restare morta. Forma viva e anche libera. Le uniche forme con queste caratteristiche sono la forma umana e quella divina, ma la forma umana non può che animare enti dinamici fenomenici e contingenti e non può in alcun modo rendere conto né di sè stessa, né di tutta la realtà creata. L’immediata e spontanea percezione metafisica dell’essere creaturale , a partire dal proprio io, è invece l'esperienza prima che mostra ad ognuno la propria insufficienza ad esistere da sè e rimanda quindi in modo razionale alla necessità dell'esistenza di Dio Creatore [15] ; senza questo fondamento trascendente tutto l’impianto metafisico realistico integrale fin qui presentato, resterebbe privo del necessario Garante [16] . L’unica forma viva perciò capace di dominare tutta la realtà passata, presente e futura sia naturale che storica non può che essere una forma divina; forma divina che per poter dominare la storia rispettandone la libertà deve poter agire anche dal di dentro e perciò essere ad un tempo non solo trascendente ma anche immanente, da cui l’approdo metafisico all’assoluto teo-spiritualista [17] . Ciò comporta in prima battuta per la forma sociale vera i tre presupposti negativi della non subordinazione dello spirito alla materia, della non separazione dello spirito dalla materia e della non separazione della natura dalla soprannatura [18] e in seconda battuta i suoi presupposti positivi e cioè la sua universalità, necessità, assolutezza e attualità [19] . Ho delineato in estrema sintesi il percorso filosofico demariano cui appartengono conseguenze pratiche impressionanti, la più importante delle quali è questa: senza adeguato strumento metafisico è impossibile mobilitare nella storia l’ideoprassi vera, non è cioè possibile la costruzione di una convivenza umana veramente funzionale. La metafisica assume così il suo valore concreto postulato nell’ultimo dei quesiti che ho posto all’inizio di questo lavoro. La prima, concreta e vitale esigenza è per questo motivo la formazione permanente di metafisici realistico integrali capaci di indirizzare la costruzione della società e per ciò è necessario e non più rimandabile una cattedra universitaria specifica di metafisica realistico integrale e a cascata di ideoprassiologia. Per questa via anche politica ed economia troverebbero il loro metodo e gli operatori economici, a partire dagli imprenditori, guide sempre più adeguate. La piramide dei bisogni materiali, relazionali e spirituali soprannaturali individuata anche dai più acuti economisti [20] , riceverebbe una solida pezza d’appoggio metafisica con il giusto indirizzo per evitare perniciose deviazioni verso false sirene progressiste o di contro verso ristagni statici economicamente insostenibili e impotenti a resistere al costruirsi dinamico della storia. La cultura della vita (statica e dinamica), della famiglia stabile, degli autentici valori umani, del rapporto oggettivo con le altre religioni, della libertà a servizio del bene, della persona come cellula viva attiva del corpo sociale, dell’autentica convivenza umana pacifica a livello universale avrebbero non solo diritto di esistenza sul piano culturale ma anche un concreto efficace rilancio. [1] T. Demaria, 2° Vol.,Metafisica della Realtà Storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 188. [2] T. Demaria, Metafisica e Metodo, da raccolta articoli rivista Nuove Prospettive. [3] S. Fontana, La sapienza dei medievali, Fede&Cultura, Verona 2018, p. 134 [4] T. Demaria, La Società Alternativa, Ed. Il Segno, Verona 1982, p. 15 [5] T. Demaria, La società Alternativa, ed. Il Segno, Verona 1982, p.19 [6] T. Demaria, Cristianesimo e realtà sociale, Ed. Villa Sorriso di Maria, Varese, 1959, p.47: “cosa è l’idelogia: è la visione dinamica, sintetica e concreta della vita e del mondo che si traduce nella teoria della pratica e nella pratica della teoria!” [7] G. Reale, Guida alla lettura della metafisica di Aristotele, Laterza Bari, 2004, p. 33 [8] T. Demaria, 1° Vol. Ontologia realistico-dinamica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 165 [9] T. Demaria, 5° Vol. Sintesi Sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 12 [10] T. Demaria, 5° Vol, Sintesi Sociale Cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 407. [11] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 232 [12] T. Demaria, Sinossi 1984, dispensa convegno Roma, 1984, p.10 [13] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 234 [14] Ivi, p. 235 [15] T. Demaria, 2° Vol, Metafisica della realtà storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 200- G. Zamboni, La persona umana, Vita e Pensiero, Milano 1983, p. 485 e 487. [16] T: Demaria, La società alternative, ed. Il Segno, Verona,1982, p. 18 [17] Ivi, p. 226 [18] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 272 [19] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 278 [20] Si veda relazione del prof. Zamagni in https://www.nuovacostruttivita.it/quali-scienze-sociali-per-il-cambiamento-depoca in occasione del convegno online di Nuova Costruttività, il 20 ottobre 2022: Quali scienze sociali per il cambiamento d’epoca.
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