Crisi e prospettiva realistico-dinamica di Donato Bagnardi

Redazione • ott 18, 2014

Newsletter n° 5 ottobre 2014

Con questa Newsletter torniamo a proporre i concetti fondamentali del realismo dinamico senza i quali ogni discorso successivo risulta incomprensibile. Donato Bagnardi ci conduce con chiarezza e precisione a discernere le categorie fondamentali del mondo in cui viviamo, senza le quali risulta difficile un’adeguata progettazione sociale del futuro. Questa prospettiva ci illustra quei fondamenti,  in virtù dei quali  si comprende come ogni “nuova struttura” introdotta nella società – p.es: la legge sul divorzio piuttosto che le unioni civili oggi tanto dibattute, ma anche le scelte energetiche o gli investimenti finanziari – abbia ripercussioni oggettive non solo a livello educativo e morale ma anche sul successivo sviluppo di quella società ( valenza missionaria) fino a toccarne i valori fondamentali che la mantengono unita (religiosità). Educatività, moralità, socialità, missionarietà e religiosità(quest’ultima nel senso etimologico di “ciò che tiene legate le cose”) sono aspetti talmente compenetrati che al variare dell’uno si modificano anche tutti gli altri, tuttavia non si possono ben comprendere se prima non è chiaro quel quadro generale che il Bagnardi si accinge ora a spiegare.           

Crisi e prospettiva realistico-dinamica   di Donato Bagnardi

Per comprendere ed affrontare adeguatamente la crisi dei tempi presenti occorre sin d’ora riflettere sul fatto che è principalmente culturale, prima che economico-finanziaria e persino etica. È, cioè, crisi di razionalità in grado di intercettare un’idea di mondo capace di generare una fede laica di impegno sociale e di mobilitazione delle coscienze in direzione della costruzione della “casa comune”.

Giungere ad elaborare una tale idea, dunque, è estremamente urgente. Tenteremo di ricavarla da un’operazione di interrogazione della realtà in prospettiva realistico-dinamica. A tale scopo, il rimando alla riflessione del filosofo e teologo Tommaso Demaria è obbligato. Questi, oltre ad attrezzarci di un’idea nuova di mondo funzionale al superamento della crisi, ci fa individuare le logiche perverse che sinora, disgraziatamente, hanno animato il reale, fino a farci risalire alle origini del loro prodursi.

Lo strumento più adeguato appare, allora, la metafisica. Più precisamente la metafisica realistica. Un tentativo del genere, annota Demaria, è stato compiuto in passato da Aristotele e da San Tommaso. La loro, però, era una metafisica realistica statica che si occupava del mondo della natura, ovvero del generarsi delle cose, del loro crescere e svilupparsi, non certo della Realtà Storica. Oggi abbiamo bisogno di una metafisica realistica dinamica e integrale . Realistica , in quanto deve comunque partire dall’interrogazione della realtà. Dinamica in quanto deve cogliere l’essenza autocostruttiva della Realtà Storica. Integrale , in quanto deve porre la metafisica realistica statica a fondamento di quella dinamica, integrandole per composizione.

Con questo intervento ci focalizzeremo sulla differenza tra le categorie dello statico e del dinamico e sul significato della Rivoluzione industriale, all’origine del manifestarsi della dinamicità storica.

Demaria sviluppa la sua riflessione all’indomani del secondo dopoguerra, allorché sia nella realtà sociale che in quella ecclesiale vede svilupparsi un processo di unificazione, a livello planetario, tramite una “fitta rete di interdipendenze in dimensione cosmica”. Si pone, dunque, il problema di chiarire il significato di questo processo unitivo. Compito della sua filosofia: capire il senso della storia, anzi più precisamente della Realtà Storica.

Demaria stabilisce, infatti, come meglio spiega lo studioso Stefano Fontana (1998), una distinzione tra i due termini: <<Si ha storia in riferimento agli enti naturali : l’uomo, ad esempio, è innanzi tutto “ente naturale”, che dunque, ha una sua natura, una sua essenza; questo ente natura vive e, vivendo, ha una sua storia. Si ha invece una realtà storica quando quest’essere naturale che è l’uomo viene inserito, immesso all’interno di autentiche realtà sovrapersonali : non è lui l’unica realtà esistente che poi, vivendo, ha una sua storia; egli vive dentro a delle realtà che lo accolgono all’interno di sé stesse, e queste realtà sono, appunto, delle “realtà”, ossia sono, in qualche modo, degli enti >>.

In altre parole, quando parliamo di Storia facciamo riferimento al mondo della natura, alle res gestae , che sono fatti legati al tempo passato, fatti ed eventi che galleggiano sulla superficie della Realtà Storica. Quando parliamo di Realtà Storica, invece, intendiamo riportarci a una presenza, a un concreto esistente e universale, che riassume il passato e si proietta nel futuro, a una “realtà umana esistenziale, fatta di passato, di presente e di futuro che si sintetizza in un solo essere: l’essere della realtà storica ”.

Comprendere il sorgere e l’affermarsi di questa Realtà comporta per Demaria il focalizzarsi sulla natura della Rivoluzione industriale che, come si sarà già capito, è il punto di avvio della sua filosofia.

Quella industriale, per Demaria, è la più grande rivoluzione dei tempi, in quanto fa da linea di demarcazione tra due mondi completamente diversi: quello dell’ente statico, proprio della società preindustriale e quello dell’ente dinamico, tipico della società industriale.

Sin da subito Demaria si preoccupa di chiarire i significati di questi due tipi di ente, rimarcando che l’origine della differenza è di ordine metafisico.

L’ente statico, detto anche di primo grado , è il mondo posto dalla natura e da Dio creatore, avente un’essenza statica, finita, compiuta fin dal primo istante della sua esistenza, pur manifestandosi con una complessa fenomenologia di trasformazione nel tempo: la quercia è quercia sia a 1 cm che a 80; il bambino è già uomo completo appena nato come a 90 anni.

Questo ente statico è analitico e astratto . Analitico , in quanto la sua essenza si distingue realmente dall’esistenza, nel senso che limita l’esistenza nello spazio e nel tempo, ponendolo nella sua materialità individuata, come sostanza, identico a sé e diverso da tutti gli altri. Di qui la molteplicità dell’ente statico. Astratto, perchè la sua essenza, in quanto immutabile, è astratta, resa indipendente dalla ricca e concreta realtà esistenziale.

La considerazione dell’essenza di un ente statico, dunque, avviene a prescindere dal processo con cui si esprime e si manifesta nella realtà concreta.

Con la categoria dell’ente statico, Demaria intende fare riferimento alla persona, come sostanza, considerata nella sua individualità, la cui essenza è data dal composto di anima e corpo, un complesso immutabile di doti spirituali e materiali, un patrimonio dato automaticamente dalla natura e garantito da Dio e che ciascun uomo deve solo conservare con il proprio agire etico-sociale, individuale o di gruppo. A questo livello, tutto l’agire della persona, sia a livello interpersonale che nei vari raggruppamenti umani, tende a custodire, a preservare questo nucleo immutabile, originale e originario, offerto per natura, sin dalla nascita.

L’ente dinamico, invece, detto anche di secondo grado , è il mondo della Realtà Storica, avente essenza dinamica che si fa, si costruisce attraverso un continuo divenire attivistico nello spazio e nel tempo.

Qui per spiegare quest’essenza dinamica Demaria ricorre all’esempio della casa in costruzione la cui essenza non è riducibile ai suoi materiali o a un mucchio di materiali, né al nulla, in quanto è portatrice di un progetto in fieri . È semmai propria di un essere che si va realizzando a misura dell’avanzamento dei lavori di costruzione. È, appunto, l’essenza di un essere in costruzione .

Analogamente, la Realtà Storica è simile alla casa in costruzione, con la differenza che mentre la costruttività della casa è limitata nello spazio e nel tempo, in quanto ente dinamico tecnico, quella dell’enorme casa della Realtà Storica si esaurirà alla fine dei tempi, in quanto ente dinamico umano.

La costruttività, infatti, è degli enti dinamici umani. Non si può costruire un fiore o un gatto. In quanto tale, l’ente dinamico sfugge all’esperienza immediata. È ridicolo, afferma Demaria, pretendere di vedere con gli occhi la realtà umana esistenziale, come lo è pretendere di vedere un palazzo finito, quando ancora è in costruzione.

Si tratta, ad ogni modo, di un ente sintetico e concreto . Sintetico , in quanto la sua essenza non è ma si fa, non si distingue dalla sua esistenza ma fa sintesi con questa, è il suo stesso farsi e costruirsi continuo, non limita l’esistenza nello spazio e nel tempo, perchè è con questa in sintesi. Concreto , in quanto, avendo un’essenza mutabile e non limitata nel tempo e nello spazio, è la stessa realtà umana esistenziale nella sua totalità.

Proprio perchè sintetico e concreto, l’ente dinamico è anche universale , uno e unico . Universale , in quanto, non avendo limiti spazio-temporali, è planetario, globale e totalizzante. Uno e unico , in quanto al suo interno non ammette alcuna molteplicità ontologica (la molteplicità è degli enti statici fenomenici), ma è unica realtà costruttiva a raggio mondiale. Più esattamente è EDUC : Ente (essere) Dinamico (da costruirsi di continuo) Universale (cioè globale) e Concreto (inglobante la concretezza della dimensione esistenziale, individuale e collettiva).

Con la categoria dell’ente dinamico Demaria fa riferimento, dunque, alla Realtà Storica, considerata non come sostanza ma come Essere che ha un’essenza mutabile, non garantita automaticamente dalla natura, ma che si costruisce di continuo e problematicamente, cioè grazie all’iniziativa dell’agire collettivo dell’uomo.

Riassumendo: l’ente statico è ente di natura, di primo grado , già bell’e fatto nella sua essenza immutabile, semplicemente da conservare, coglibile con il pensiero analitico e astratto e ontologicamente molteplice; l’ente dinamico è EDUC, ente di Storia, ente di secondo grado , la cui essenza muta, si fa, si costruisce di continuo, coglibile con il pensiero sintetico e concreto e ontologicamente uno ed unico.

In seguito, ci occuperemo della ricerca dei modi di applicazione di queste categorie ai due universi del mondo preindustriale e industriale, per giungere finalmente a definire l’inedita idea demariana di mondo da costruire.

 

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Autore: Redazione 25 apr, 2024
Il filosofo o lo studioso che si occupa di realismo integrale diviene di necessità anche un apostolo, perché l’impegno con l’essere della realtà storica lo rende persuaso della necessità della cultura-conoscenza come via necessaria all’azione politico-sociale [1] . E’ con questo spirito che mi accingo da filosofo non accademico a ripercorrere, con gli adeguati riferimenti bibliografici, i contenuti della relazione che ho tenuto un po’ a braccio il 21 marzo 2024 alla Pontificia Università Salesiana in occasione del convegno “ Tommaso Demaria: uno sguardo organico-dinamico sulla storia e sulla società .” L’essere della realtà storica appena accennato ci introduce al tema essenzialmente nuovo inaugurato da don Tommaso Demaria, essenzialmente diciamo ma non fenomenicamente poiché da questo punto di vista l’intuizione di molti ricercatori, per quanto non ancora riflessa a sufficienza, ha condotto molti a rendersi conto che il mondo in cui viviamo appare come una realtà globale, unitaria, interconnessa e in grado perciò di muoversi secondo logiche proprie e inesorabili che sfuggono perfino al controllo dei singoli potenti di turno. Discipline come la sociologia, la psicologia, le scienze dell’organizzazione ma anche la stessa economia rilevano da anni il fenomeno, tuttavia ancora manca alla cultura dominante una visione completa capace di dar conto di tutti gli aspetti in campo: materiali, relazionali, spirituali e metafisici. Lo scopo di questo discorso è quindi quello di stimolare una coscienza intorno all’essere della realtà, perché prima di agire occorre pensare e prima di pensare occorre essere, rendersi conto di essere e di vivere accanto ad altri esseri, perché l’essere precede l’agire non solo personale ma anche comunitario. Il percorso si articola in cinque passaggi che sono invero cinque domande: Di quale essere stiamo trattando? Una società ateo-materialista è in grado di prosperare o almeno sopravvivere? Cosa sono il pensiero unico, i grandi resets e il nuovo ordine mondiale di cui tanto si sente parlare? La ideologie sono tutte negative come tali oppure si deve tener conto del loro contenuto di verità? Possiamo indicare delle vie concrete? Sembra la prima una domanda fuori tempo massimo: a chi può mai interessare oggi un discorso sull’essere o sulla vita? La società liquida con i suoi deliri ha fatto evaporare ogni punto di riferimento stabile, ogni riscontro oggettivo: tutto cambia, tutto muta, tutto scorre, al più si può dire che tutto l’essere è il divenire stesso. Eppure la nebbia di una cultura nichilista pervasiva e invadente come quella moderna (per non dire modernista) non riesce a sopire completamente l’esigenza di essere, di senso e di significato che si scopre ancora incardinata nel cuore di ogni uomo. L’esperienza quotidiana carica di problemi enormi e di enormi opportunità ci catapulta nostro malgrado in un fluire di vicende storiche che non riusciamo a dominare e nemmeno a capire ma che in qualche modo contribuiamo a generare; il mondo va avanti anche con il nostro spesso inconsapevole sostegno e con logiche proprie; le leve del comando sono impersonali, occulte, segrete eppure reali, assegnate in modo oscuro ma lucido a guide concrete ma provvisorie e solo funzionali al perpetrarsi di un mondo che in fondo non vogliamo: la guerra torna a bussare inaspettata alla nostra porta. In questa profonda esigenza di essere, legata ad un perenne senso di malessere per un mondo che non capiamo, assume di nuovo un valore epocale tutta la riflessione di Demaria sulla Realtà Storica, tornando così potente, attuale e anzi necessaria. Quella che un tempo fu l’intuizione di un geniale metafisico oggi è esperienza concreta di molti uomini: la realtà storica appare davvero come un essere capace di vivere a agire a titolo proprio. La portata di questa intuizione comporta la richiesta teoretica di un’adeguata giustificazione: non ci può bastare il solo dato fenomenico anche se ormai di per sé evidente. Giustificazione che però non è possibile affrontare qui, ci basti per ora solo rilevare che alla griglia degli esseri oggetto della metafisica tradizionale e cioè l’uomo, la natura e Dio vi si aggiunge appunto anche l’essere della realtà storica che diventa tale, secondo il salesiano, a partire dalla rivoluzione industriale, imponendosi per di più come organismo dinamico vivo e perciò capace di vivere a agire a titolo proprio. [2] Sono affermazioni importanti che suscitano curiosità ma anche timori: se la realtà storica vive agisce a titolo proprio dove va a finire la libertà umana? La libertà, proprietà inalienabile della natura umana, è un bene prezioso e un dono esclusivo che ogni uomo e anche ogni società hanno ricevuto per scegliere cosa fare di sé stessi. Essa è talmente necessaria che la realtà storica come tale la esige a livello essenziale anche se purtroppo a livello esistenziale può accadere ed accade di fatto che la storia, animata da logiche contrarie al suo vero dover essere ontologico, finisca per negarla, reprimerla o falsarla, assoggettandola a scelte mortifere anziché vitali. Così avviene che se la realtà storica assume logiche contrarie alla sua vera natura e ciò avviene proprio in ragione della libertà umana, anche la comprensione di tutti gli altri esseri ne risulta influenzata e perfino deformata: la persona diventa fluida oppure un ingranaggio, la natura sfruttata o divinizzata, il Dio Creatore rifiutato o umanizzato, con enormi conseguenze sul piano dell’agire collettivo. Comprendere il vero dover essere della realtà storica diventa perciò imperativo decisivo proprio per poter orientare alla convivenza libera e funzionale la vita di miliardi di persone. Il negare questa prospettiva ci espone nostro malgrado ad un agire inconsulto e senza prospettiva e a lasciarci dominare dalla logica bruta di una materia orfana della forma vera, materia che per surrogazione finisce per alienare sé stessa nel ruolo di forma in una prassi senza senso perché in fondo senza retta dottrina, come direbbero i metafisici realisti di un tempo. Per questa via gli stessi cristiani e gli uomini di volontà buona [3] (cioè volontà orientata al bene) vanno a servire inconsapevoli la costruzione della società fondata sul materialismo che, secondo il salesiano, è l’anticamera dell’ateismo prima ontologico e poi religioso [4] . A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che in fondo questo non è necessariamente un male, in fin dei conti anche le società ateo-materialiste, che sono quelle ormai realmente esistenti, possono funzionare se non bene almeno in modo accettabile. L’evidenza storica ci palesa tuttavia senza sconti che non è così e con questa affermazione iniziamo a rispondere alla seconda domanda. Gli “organismi mostro” incarnati dai sistemi capitalisti e comunisti e dai loro discendenti modernisti, fondati sull’assoluto ateo-materialista e così denominati da Demaria nel suo lungimirante testo La società alternativa [5] , stanno manifestando di nuovo oggi la rinnovata ferocia delle loro false premesse. In qualche modo essi vivono sempre a scapito di qualcos’altro: la natura, i poveri, la libertà, Dio stesso. E se queste società potessero anche risolvere (ma non possono!) gran parte dei problemi materiali che ci affliggono, resterebbe strutturalmente irrisolto il senso dell’esistere umano che fatalmente, rinchiuso nell’alveo della materia bruta, si tradurrebbe in un dramma suicida invece che in un’epica maestosa. E’ in questo clima illusorio che oggi si discute molto di pensiero unico, di grande reset, di nuovo ordine mondiale . Intanto mi viene da chiedere, perché cancellare tutto? Forse perché siamo talmente pieni di debito economico a livello mondiale che solo la sua cancellazione, con l’aiuto magari della guerra, può permettere di ripartire? E un’ipotesi che mi pare folle ma anche brutalmente realistica. Il martellamento mediatico proveniente da sponde spesso opposte ci dice altresì che non c’è una sola idea di “reset”, né una sola proposta di “pensiero unico”. Ce ne sono varie e in concorrenza tra loro, che si accusano a vicenda di complottismo, di seduzione, di violenza: capitalismo green, socialismo arcobaleno, socialismo capitalista, imperialismo misticheggiante (se non direttamente ateo-materialista almeno con un errato rapporto spirito/materia). Sono tante le prospettive di “Unico Ordine Mondiale” che si propongono come salvifiche. Ma tutto questo non è una novità , ciò che è cambiato sono solo le etichette, i nomi, le parole, ma la realtà che sottendono è sempre la medesima, quelle esplicitata dal nostro Demaria. L’esigenza di un nuovo ordine mondiale e di pensiero unico non sono che la riedizione aggiornata di quella pletora di ideologie, pseudoideologie e paraideologie che dalla rivoluzione industriale in poi cercano di dare un ordine al caos di una prassi diventata dinamica. Esse si scontrano, si fondono, si camuffano in un susseguirsi di morti e rinascite fino ad arrivare all’esito forse finale, denunciato da Benedetto XVI dell’ideologia del relativismo, che tutte le nega ma solo in fondo per affermare sé stessa, la più dogmatica. Ecco che quelle moderne, afferma Demaria, non sono più solo lotte fra popoli o nazioni ma lotte fra ideologie o meglio lotte fra ideoprassi. E in questa lotta reale per prevalere l’una sull’altra manifestano anche il loro tratto comune che le identifica e le inchioda: sono tutte prassi ontologicamente ateo-materialiste! Le uniche, ed è la storia a dirlo, che sono state in grado di portare l’umanità fin sull’orlo dell’auto-distruzione attraverso soprattutto la possibilità, oggi tornata concreta, della terza guerra mondiale nucleare. Eppure non si può fare a meno di una ideologia, cioè di una visione organica, integrale e coerente della vita umana che sappia coordinare l’agire di miliardi di persone; l’alternativa ad una qualche forma di ordine, ad una sorta prassi razionalizzata non è che la prassi selvaggia e il caos [6] . E’ stato questo l’intento della vita di Karl Marx ma anche dello stesso Adam Smith e di altri studiosi: scoprire la logica interna della storia. E cosa hanno concluso? Che la storia è materia che diviene o natura che evolve e che il cuore di questo divenire è l’economia la quale così è stata assunta non solo come base materiale della società ma anche come sua principale base spirituale. Analisi insufficiente, colma di pregiudizi, guidata da strumenti metafisici inadeguati, per cui è stato subordinato o separato lo spirito dalla materia e strutturalmente negata la soprannatura a favore della sola natura: direttamente attraverso la persecuzione violenta diretta o indirettamente attraverso la seduzione e l’occupazione di spazi e tempi. Secondo il nostro salesiano, il loro errore come quello di molti che li hanno seguiti e riaggiornati è stato proprio quello di aver posto come base spirituale della società una base che è solo materiale, l’economia appunto e di aver completamente o anche solo parzialmente ignorato il valore ontologico degli enti naturali a partire dall’uomo. Di qui l’ambizioso proposito del sacerdote piemontese di scoprire il vero logos nascosto all’interno della realtà storica. E’ questo un passaggio decisivo da comprendere profondamente: l’approdo al vero Assoluto della storia riconosciuta come realtà non è la composizione ordinata di un insieme di valori etici scelti in modo arbitrario, né il risultato di una rivelazione religiosa e nemmeno l’applicazione di una qualche dottrina costruita a priori a tavolino, è invece l’esito di una indagine metafisica rigorosa, coerente e completa che a partire dal dato di esperienza storico ci porta per esplicitazione, cioè attraverso una sorta di mostrazione [7] aristotelica, a scoprire il dover essere ontologico della realtà storica, dover essere che Demaria chiama tecnicamente essenza archetipa [8] . Questa ricerca del vero logos comporta inevitabilmente il confronto con la verità, la sua comprensione e la sua accettazione con tutti i rischi che questo comporta: la verità è più grande, nessuno possiede la verità, la verità bisogna servirla etc… Tutte espressioni che “i prudenti” giustamente manifestano per sottolineare la portata del problema ma che non lo risolvono anzi talvolta lo acuiscono cedendo spesso anche senza disputa alle “verità” sostenute da altri. A tal proposito Demaria infatti scrive: “ non si tratta né di una contrapposizione manichea, né di un accaparramento trionfalistico della verità. La verità bisogna servirla, ma per servirla bisogna conoscerla e riconoscerla […] non c’è insulto peggiore alla verità che rinnegarla o misconoscerla, col pretesto antitrionfalistico, di chi vi contrappone il proprio io con il sofisma dell’eterna ricerca ” [9] . Prosegue il Nostro: “ Oggi si preferisce il fare al pensare. Più che alla verità, che con falsa umiltà si proclama di «non possedere», si crede all'attività, ad un qualsiasi attivismo, riassorbito nell'attività personale con un totale rifiuto della sua rifusione razionale e cristiana nella prassi, anche se poi la presunta attività personale viene abbandonata alla deriva di tutte le prassi [10 ] .” E ancora: “ il discorso sulla verità oggi è impopolare. Si prova una certa nausea esistenzialista e pseudodemocratica nei suoi confronti. Si ha l’impressione o la convinzione che la verità sia diventata sinonimo di dittatura intellettuale, mentre l’errore sarebbe sinonimo di libertà e democrazia. [11 ] ” Richiami forti quelli demariani ad un impegno intellettuale coraggioso che pur nell’umiltà dell’approccio, teso ad evitare la tentazione arrogante di una saccenteria intellettuale, inclina deciso alla sfida della ricerca metafisica realistica integrale, opponendosi così alla non meno grave tentazione di una pusillanime rinuncia a priori. Ma quale può essere il criterio per individuare l’ideoprassi vera , il logos nascosto nel libro della storia che completa quello del libro della natura? [12] E’ questo se ricordate il quarto quesito proposto all’inizio. Demaria risponde schiettamente a questo interrogativo: “ Il problema della verità dell’ideologia si pone alla sua radice. Passa dalla prassi all’ideologia; dall’ideologia alla metafisica; e da una metafisica qualsiasi a una metafisica dinamica. Con ciò torna il problema di fondo: qual è la verità? Qual è la metafisica vera? […] la metafisica dinamica falsa è quella che genera un’ideologia ateo-materialista come anima della prassi; e la metafisica dinamica vera è quella che genera una ideologia come anima della prassi, non ateo-materialista […] che equivale all’affermazione dell’assoluto teo-spiritualista [13] ”. Sembra un continuo rimando ma di fatto non è possibile individuare l’assoluto vero della realtà storica, cioè quello teo-spiritualista, senza un’adeguata metafisica che per Demaria non può che essere la metafisica realistico integrale, ogni altra metafisica dinamica invece conduce all’assoluto ateo-materialista anche se a professarla è un credente, e quand’anche una metafisica dinamica non realista volesse escludere l’approdo ateo-materialista si fermerebbe a metà strada o peggio trascinerebbe alla meta che credeva di rinnegare [14] . Dai frutti conoscerete l’albero è l’insegnamento che porta a questa certezza. Ma per quale ragione è proprio quello teo-spiritualista l’assoluto vero della realtà storica? Qui il discorso giunge al suo compimento e trova la sua trattazione piena nel secondo dei tre volumi della trilogia. La constatazione è che la Realtà Storica è un ente vivo la cui forma non può che essere viva, una forma materiale inerte infatti non potrebbe che essere morta e restare morta. Forma viva e anche libera. Le uniche forme con queste caratteristiche sono la forma umana e quella divina, ma la forma umana non può che animare enti dinamici fenomenici e contingenti e non può in alcun modo rendere conto né di sè stessa, né di tutta la realtà creata. L’immediata e spontanea percezione metafisica dell’essere creaturale , a partire dal proprio io, è invece l'esperienza prima che mostra ad ognuno la propria insufficienza ad esistere da sè e rimanda quindi in modo razionale alla necessità dell'esistenza di Dio Creatore [15] ; senza questo fondamento trascendente tutto l’impianto metafisico realistico integrale fin qui presentato, resterebbe privo del necessario Garante [16] . L’unica forma viva perciò capace di dominare tutta la realtà passata, presente e futura sia naturale che storica non può che essere una forma divina; forma divina che per poter dominare la storia rispettandone la libertà deve poter agire anche dal di dentro e perciò essere ad un tempo non solo trascendente ma anche immanente, da cui l’approdo metafisico all’assoluto teo-spiritualista [17] . Ciò comporta in prima battuta per la forma sociale vera i tre presupposti negativi della non subordinazione dello spirito alla materia, della non separazione dello spirito dalla materia e della non separazione della natura dalla soprannatura [18] e in seconda battuta i suoi presupposti positivi e cioè la sua universalità, necessità, assolutezza e attualità [19] . Ho delineato in estrema sintesi il percorso filosofico demariano cui appartengono conseguenze pratiche impressionanti, la più importante delle quali è questa: senza adeguato strumento metafisico è impossibile mobilitare nella storia l’ideoprassi vera, non è cioè possibile la costruzione di una convivenza umana veramente funzionale. La metafisica assume così il suo valore concreto postulato nell’ultimo dei quesiti che ho posto all’inizio di questo lavoro. La prima, concreta e vitale esigenza è per questo motivo la formazione permanente di metafisici realistico integrali capaci di indirizzare la costruzione della società e per ciò è necessario e non più rimandabile una cattedra universitaria specifica di metafisica realistico integrale e a cascata di ideoprassiologia. Per questa via anche politica ed economia troverebbero il loro metodo e gli operatori economici, a partire dagli imprenditori, guide sempre più adeguate. La piramide dei bisogni materiali, relazionali e spirituali soprannaturali individuata anche dai più acuti economisti [20] , riceverebbe una solida pezza d’appoggio metafisica con il giusto indirizzo per evitare perniciose deviazioni verso false sirene progressiste o di contro verso ristagni statici economicamente insostenibili e impotenti a resistere al costruirsi dinamico della storia. La cultura della vita (statica e dinamica), della famiglia stabile, degli autentici valori umani, del rapporto oggettivo con le altre religioni, della libertà a servizio del bene, della persona come cellula viva attiva del corpo sociale, dell’autentica convivenza umana pacifica a livello universale avrebbero non solo diritto di esistenza sul piano culturale ma anche un concreto efficace rilancio. [1] T. Demaria, 2° Vol.,Metafisica della Realtà Storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 188. [2] T. Demaria, Metafisica e Metodo, da raccolta articoli rivista Nuove Prospettive. [3] S. Fontana, La sapienza dei medievali, Fede&Cultura, Verona 2018, p. 134 [4] T. Demaria, La Società Alternativa, Ed. Il Segno, Verona 1982, p. 15 [5] T. Demaria, La società Alternativa, ed. Il Segno, Verona 1982, p.19 [6] T. Demaria, Cristianesimo e realtà sociale, Ed. Villa Sorriso di Maria, Varese, 1959, p.47: “cosa è l’idelogia: è la visione dinamica, sintetica e concreta della vita e del mondo che si traduce nella teoria della pratica e nella pratica della teoria!” [7] G. Reale, Guida alla lettura della metafisica di Aristotele, Laterza Bari, 2004, p. 33 [8] T. Demaria, 1° Vol. Ontologia realistico-dinamica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 165 [9] T. Demaria, 5° Vol. Sintesi Sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 12 [10] T. Demaria, 5° Vol, Sintesi Sociale Cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 407. [11] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 232 [12] T. Demaria, Sinossi 1984, dispensa convegno Roma, 1984, p.10 [13] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 234 [14] Ivi, p. 235 [15] T. Demaria, 2° Vol, Metafisica della realtà storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 200- G. Zamboni, La persona umana, Vita e Pensiero, Milano 1983, p. 485 e 487. [16] T: Demaria, La società alternative, ed. Il Segno, Verona,1982, p. 18 [17] Ivi, p. 226 [18] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 272 [19] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 278 [20] Si veda relazione del prof. Zamagni in https://www.nuovacostruttivita.it/quali-scienze-sociali-per-il-cambiamento-depoca in occasione del convegno online di Nuova Costruttività, il 20 ottobre 2022: Quali scienze sociali per il cambiamento d’epoca.
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