Riprendo il filo del discorso della Newsletter n° 13 dello scorso luglio.
Se da una parte essa ha avuto una enorme influenza sulla civiltà occidentale e sui suoi valori (basti considerare la cultura di origine di enti laici internazionali come la FAO, la Croce Rossa, l’UNICEF), nel contempo appare poco ragionevole ritenere che non abbia subito influenze dall’ambiente in cui si esprimeva.
Da dove partire per questa indagine sui meccanismi morali nella realtà storica statico sacrale?
Le forze morali non hanno un’origine astratta; rispondono a bisogni, perseguono obiettivi. L’indagine dunque deve partire dalla ricerca di quali siano i bisogni e gli obiettivi predominanti della realtà storica statico sacrale.
A partire dalle sue origini e sino alla metà del secolo scorso anche nella ricca Europa la vita è sempre stata difficile e fragile. Per la grande maggioranza della popolazione l’enorme investimento nella famiglia e nella prole era esposto a rischi altissimi; l’altissima mortalità di parto e infantile, la costante penuria di risorse, non sempre sufficienti a passare l’inverno, la sostanziale incurabilità delle malattie, le periodiche carestie, guerre ed epidemie rendevano la morte una minaccia incombente.
Questa preponderanza del valore della sopravvivenza, innescato dalla quotidiana minaccia al vivere, è la chiave per comprendere la struttura della morale nella realtà statico sacrale.
Tuttavia non sono altrettanto ovvie le conseguenze strutturali ed i meccanismi morali che tale obiettivo induce.
Nella realtà storica statico sacrale l’incrociarsi della varietà degli ambienti naturali e della ricchezza della natura umana con la sua sensibilità, razionalità, creatività e spiritualità, ha generato nel tempo e nello spazio una varietà stupefacente e ricchissima di culture.
Tuttavia al di la di ogni differenza e particolarità, tutte indistintamente giocoforza ruotano attorno all’ineludibile e cogente necessità comune di trovare ciò che allontana il pericolo della morte. Le culture appaiono perciò come l’accumularsi e lo strutturarsi di complesse tecnologie di sopravvivenza.
La dimensione sociale di tali tecnologie, di importanza non inferiore alle tecnologie materiali quali l’agricoltura, l’allevamento e le varie lavorazioni dei materiali, assume la forma di norme di comportamento condivise, con tratti in parte comuni ed in parte differenti tra le varie culture secondo l’ambiente storico e naturale in cui vivevano. Si tratta di convenzioni e regole che vengono comprese come la chiave di sopravvivenza della comunità e di conseguenza assumono una forza morale enorme.
Accade di conseguenza che i violatori divengano oggetto di indignazione, di discriminazione, di rifiuto e sanzione sociale, anche violenta.
Le convenzioni morali delle culture nella realtà storica statico-sacrale, proprio per la loro stretta relazione con la morte, tendono perciò ad assumere un carattere binario , duale.
Più la minaccia della morte/estinzione/negazione esistenziale è sentita, più le regole che la riguardano diventano radicalmente rigide: non essendoci possibilità di correggere, di ritentare, di rimandare, non c’è di conseguenza margine per sostenere alcuna dubbiosità, tentennamento o gradualità.
La morale diviene un repertorio casistico del lecito e dell’illecito, senza vie di mezzo significative, dove ciò che non è permesso o consueto è scoraggiato, disapprovato o proibito. Lo sperimentare diversi modi di vita, il deviare dalle consuetudini e dalle tradizioni è sentito come un comportamento rischioso, irresponsabile, foriero di sventure e minaccioso per la comunità.
Le tradizioni, le usanze dei padri tendono a divenire indiscutibili, perché il fatto di essere vivi, di essere sopravissuti sino ad ora in una situazione così difficile, è la prova inconfutabile di come esse siano la via della sopravvivenza della comunità.
Inoltre, la disponibilità di risorse troppo vicina al limite della sopravvivenza rende ogni risorsa preziosa ed insostituibile. Questa penuria e vulnerabilità delle risorse fa sì che ci sia un predominio indiscutibile dell’oggettività del comportamento rispetto alle intenzioni: ogni errore, ogni comportamento che mette a repentagli una risorsa o che la distrugge è di fatto “materialmente” intollerabile, indipendentemente dalla validità o dalla innocenza delle intenzioni di chi mette in atto tale comportamento.
La morale dunque, per necessità proprio della realtà storica statico sacrale, in relazione alla gravità della minaccia, tende ad assumere caratteristiche e meccanismi ben riconoscibili:
– un repertorio del lecito e dell’illecito,
– un’intolleranza a comportamenti diversi dal modo di vita approvato,
– una prevalenza del comportamento rispetto alla persona, della norma rispetto alle intenzioni.
Nelle culture statico sacrali questi meccanismi e le loro caratteristiche vengono diffusi, potenziati e difesi attraverso processi coesivi della cultura, quali quello psicologico, quello razionale e quello religioso.
Le culture, per la necessità vitale di coordinare la loro intera morfologia e le loro dinamiche in funzione della sopravvivenza, hanno bisogno di consolidare, difendere e potenziare una loro coerenza e sinergia interna rispetto a tale obiettivo ed alla morale che scaturisce. Questo coordinamento coinvolge tra gli altri tre importanti processi , quello psicologico , quello razionale e quello religioso , che vengono chiamati a supportarsi e potenziarsi coerentemente e coesivamente l’uno con l’altro in funzione del processo morale.
Nella prossima Newsletter esamineremo nel dettaglio questi tre processi.
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