Famiglia diventa ciò che sei

Piergiorgio Roggero • nov 09, 2019

GPII proclama questa esortazione “famiglia diventa ciò che sei” al numero 17 della “Familiaris Consortio” del 1981 e la riprende più volte nella sua successiva azione magistrale.

Prendiamo spunto da essa per introdurre importanti aspetti della realtà profonda della vita della famiglia e arrivare ad individuare alcuni elementi fondamentali della azione pastorale della Chiesa.


Un primo aspetto ci è indicato dal verbo dell’esortazione: “diventa”.

La famiglia concreta nella sua esistenza non è una realtà statica, non è realizzata definitivamente nell’atto del matrimonio, ma è una realtà dinamica, che “già è ed ancora non è” e perciò è chiamata a “diventare”, a realizzarsi attraverso le sue azioni[1].

GPII non si riferisce ad un diventare fenomenico, ma a quel diventare che riguarda l’essenza stessa della famiglia, il suo inverarsi nella realtà. Questo carattere dinamico della famiglia ha implicazioni molto profonde. Esso è percepito e riconosciuto specie in ambito psicologico, ma senza arrivare a chiarire le esigenze operative e pastorali che porta con se.


Il secondo elemento attivo è il destinatario dell’esortazione. Esso è la Famiglia.

Il papa non si rivolge né ai ministri della Chiesa né agli sposi come singoli, e nemmeno al Signore. Si rivolge invece alla famiglia nella sua unità ontologica, nel suo essere una “carne sola”, con una sua dimensione di libertà, sintesi della libertà degli sposi, famiglia che viene così indicata come protagonista attiva del proprio diventare.

Ma è la parte umana della famiglia la protagonista esclusiva? Certamente no.

Se la famiglia accoglie in sé il Signore ed il suo operare, consente che Dio stesso contribuisca a darle forma. Inoltre è assai influente l’azione strutturante/formativa dell’ambiente storico-culturale in cui ogni famiglia è immersa.

E tuttavia la famiglia nel concreto della sua esistenza non è l’inerte prodotto di uno “scultore” esterno: è chiamata a disporre la propria iniziativa, le proprie scelte ed il proprio operare.

L’insieme dei due aspetti che abbiamo individuato dice una cosa molto importante: la famiglia ha la capacità e la necessità di autogenerarsi continuamente all’esistenza in rapporto all’ambiente in cui è immersa.


Questo può essere detto sinteticamente con una parola molto potente: la Famiglia è una realtà viva.

Come ben intuibile, non è una realtà viva in quel modo “automatico”, se pur fragile, che è proprio degli organismi biologici, ma è soggetta alla libertà degli sposi. Infatti se è vero che la famiglia è generata soprannaturalmente da Dio nella celebrazione del sacramento del matrimonio, è altrettanto vero che la sua vita non può dispiegarsi nel tempo, non può esistere nel concreto senza la fedele volontà degli sposi, senza  la sintesi incessante della libertà e della intenzionalità degli sposi.


Ma cosa è chiamata a diventare la famiglia? GPII dice “ciò che sei”. Così facendo pone davanti alla famiglia una vocazione ed un discernimento. C’è un’urgenza ben percepibile nella esortazione del papa: non è indifferente ciò che la famiglia può fare di sé stessa.

GPII volge la famiglia verso “ciò che sei”, intendendo con questo ciò che essa è “in principio”, nel cuore di Dio, ciò che essa è chiamata ad essere dall’amore di Dio[2].

Questa urgenza se da una parte riconosce che la famiglia per amore Dio l’ha fatta libera e può scegliere di fare di sé stessa ciò che lei stessa vuole, nel contempo ci avvisa che la famiglia non potrà trovare altrove la propria bellezza, non potrà essere sé stessa se non si realizzerà secondo la Verità d’Amore a cui Dio la chiama.


L’esortazione di GPII dunque ci permette di mettere a fuoco alcuni punti importanti:

  • La famiglia è una realtà viva
  • a cui è affidato di realizzare sé stessa
  • secondo una sua “interiore verità” (FC 17), una sua immagine vitale posta dall’amore di Dio,
  • e sarà sé stessa solo se si realizzerà secondo tale verità.
  • Pastoralmente già queste sono indicazioni di grande importanza.

Ci dicono che:

  • è necessario che la famiglia conosca la sua verità
  • e che attivi dinamiche costruttive di sé stessa.

Ora dobbiamo completare la nostra riflessione, perché ciò che abbiamo colto introduce altre domande molto concrete, che necessariamente, accanto al dato teologico, devono tenere in considerazione la condizione storica ed esistenziale in cui Dio ha posto ogni famiglia.


Da chi e quando una famiglia nel concreto riceve la propria immagine?

E come può realizzare tale immagine?

Ogni famiglia concreta infatti, così come ogni persona, pur essendo lei stessa  nella sua libertà protagonista attiva della sua realizzazione, non conosce “nativamente” la propria immagine, ma

  • la deve ricevere,
  • progressivamente,
  • la deve realizzare nel suo specifico concreto ambiente di vita
  • e deve cercare i modi concreti per farlo

Nel concreto umano, la famiglia da chi riceve la propria immagine?

Inizialmente la riceve dall’ambiente storico culturale in cui nasce e vive. Ogni ambiente culturale infatti porta con sé una o più immagini di famiglia “integrate” con quell’ambiente, “funzionali” a quell’ambiente.

Inoltre, visto che la famiglia deve realizzarsi secondo l’immagine che essa stessa sceglie, per farlo ha bisogno di criteri, conoscenze, strumenti, metodi, abilità.


Dove li può trovare?

Anch’essi in primis vengono ricevuti dall’ambiente storico e umano in cui la famiglia vive; di essi la famiglia si appropria rielaborandoli in relazione alla propria situazione.

Possiamo dire che la famiglia riceve dall’ambiente in cui nasce e vive la propria immagine e gli strumenti ed i metodi per realizzarla, ma non passivamente: su di essi la famiglia esercita un discernimento ed una scelta, e li rielabora in relazione alla propria situazione ed alle proprie scelte.

Ora, rapportiamo il piano storico al piano teologico: l’immagine che la famiglia trova nel proprio ambiente umano è la medesima che sta negli occhi del Creatore? E’ la medesima di cui parla GPII?

In generale in parte si e in parte no. E tuttavia non è difficile constatare che l’ambiente  culturale occidentale odierno, il nostro in cui viviamo, non sembra affidare alla famiglia la sua Verità, anzi, sembra consegnarle un’immagine di sé stessa sempre più distorta, addirittura negata.  La nostra società in generale non dà alle famiglie una immagine vitale di esse e tantomeno gli strumenti per realizzarsi.

Questo è egualmente vero per tutte le famiglie, cristiane o non cristiane.


Dove allora le nostre famiglie possono cercare e trovare la loro vera immagine?

Per noi che conosciamo Dio, sappiamo che questo luogo è il cuore di Dio. Ed è la Chiesa l’ambiente storico concreto, umano e nel contempo divino, al quale è affidato di offrire ad ogni famiglia di qualunque credo la sua vera immagine, quella che sta nel cuore di Dio.

Tutto ciò ci illumina sul cammino, sul processo di crescita e di realizzazione concreta della famiglia e ci permette di riconoscere alcune coordinate fondamentali di tale cammino che appaiono irrinunciabili.


Ogni famiglia:

  • si autocostruisce progressivamente nel tempo
  • perseguendo un’immagine di sé stessa
  • un’immagine vitale
  • un’immagine che desidera
  • per realizzarla ha bisogno di conoscenze e abilità
  • la vera immagine della famiglia è quella che sta negli occhi di Dio

Quanto sono fondamentali queste coordinate?

  • se la famiglia non si autocostruisce, non sarà una realtà viva, morirà;
  • se la famiglia non sa cosa “è”, se non cerca e non conosce la sua “verità”, non saprà cosa può diventare e non saprà cosa fare di sé stessa;
  • se questa immagine non è vitale, non sopravvivrà;
  • se la famiglia non coglie la bellezza di questa immagine, non sarà motivata a sceglierla ed a cercarla e realizzarla;
  • se la famiglia non ha gli strumenti per autocostruirsi, fallirà
  • se la sua immagine non viene dal cuore di Dio, la famiglia non potrà trovare sé stessa, la sua verità.

Questo processo di autocostruzione non può che avvenire progressivamente, attraversando e redimendo tutta la dimensione e la condizione umana degli sposi. Un cammino, l’unico, pieno di speranza , di vita e di Grazia, che tende senza fine a Dio.[3]


Dalle coordinate fondamentali che abbiamo riconosciuto derivano, quasi in automatico, altrettante linee guida di fondo dell’azione pastorale verso le famiglie:

  • le famiglie devono sapere che non sono generate da combinazioni casuali più o meno fortunate e neppure sono un “condominio” da amministrare, ma insieme al Signore generano sé stesse attraverso “dinamiche costruttive”, umane e divine, che esse attivano nella loro continua iniziativa di costruirsi secondo una certa immagine di famiglia.
  • le famiglie progressivamente hanno bisogno di ricevere e conoscere la loro vera immagine, la loro verità viva, quella che sta negli occhi di Dio.
  • le famiglie hanno bisogno di scoprire, riconoscere e contemplare la bellezza di questa immagine, così che la possano desiderare, cercare e costruire; hanno bisogno di essere accompagnate a contemplare e sperimentare la bellezza, la gioia, la vita, la pienezza e la pace che Dio ha posto nella verità a cui chiama le sue famiglie.
  • è necessario che le famiglie abbiano luoghi in cui attingere, progettare, elaborare i modi concreti, le abilità, le conoscenze, le dinamiche, tutte, sia quelle divine che quelle umane, che servono per realizzare questa immagine nel concreto del loro mondo e della loro vita.


Il primo passo sarà dunque scoprire la Famiglia come essa è secondo Spirito, nel cuore di Dio, quale sia la sua verità, quale sia la sua bellezza, consapevoli che questa scoperta non ha un punto di fine, perché la Famiglia, come la Persona, reca in sé l’immagine stessa di Dio.


Qual è a questo proposito lo stato della riflessione da parte della Chiesa su tale immagine?

Di fatto l’impegno della Chiesa ha avuto il suo inizio con lo straordinario magistero di GPII, dal quale ha preso spunto il presente scritto, che ha individuato nelle immagino di Cristo-Chiesa (Ef 5,21-32)e nella Comunione Trinitaria le sorgenti della comprensione della natura della coppia e della famiglia.

Fino ad ora la ricerca appare essersi impegnata prevalentemente sul rapporto Cristo-Chiesa, più affine alla dimensione sponsale dei presbiteri, mentre è stata di fatto trascurata la riflessione sulla dimensione di somiglianza della famiglia alla Comunione Trinitaria.

Anche la bellissima enciclica Amoris Laetitia, che sviluppa la riflessione sulla pastorale e sul suo aspetto misericordioso, non contribuisce significativamente a tale riguardo.

Se i presbiteri si riconoscono molto nella immagine Cristo-Chiesa, che ispira la sponsalità della loro relazione con la comunità che è loro affidata, tuttavia agli sposi essa non dice molto: stentano a riconoscerla nella loro esperienza ed a coglierne la bellezza.


D’altro canto la dimensione della somiglianza degli sposi alla Comunione Trinitaria apparein grado di dire parole più espressive della bellezza della famiglia.

Gli sposi, ad esempio, riconoscono immediatamente di avere in sé l’immagine del Dio che è in sé stesso Comunione d’Amore che dà la Vita, e ne riconoscono la straordinaria bellezza.

Le considerazioni precedenti sulle dinamiche costruttive della famiglia quindi suggeriscono che per la Chiesa sia importante, in vista di una efficace pastorale della famiglia, un maggiore approfondimento della dimensione trinitaria dell’immagine degli sposi.

Piergiorgio Roggero


[1] “I compiti, che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere nella storia, scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed esistenziale. “(GPII, FC 17)


[2] “Risalire al «principio» del gesto creativo di Dio è allora una necessità per la famiglia, se vuole conoscersi e realizzarsi secondo l’interiore verità non solo del suo essere ma anche del suo agire storico. “(GPII, FC 17)


[3] “la famiglia ha la missione di diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di amore, in una tensione che, come per ogni realtà creata e redenta troverà il suo componimento nel Regno di Dio.”(GPII, FC 17)


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Autore: Redazione 25 apr, 2024
Il filosofo o lo studioso che si occupa di realismo integrale diviene di necessità anche un apostolo, perché l’impegno con l’essere della realtà storica lo rende persuaso della necessità della cultura-conoscenza come via necessaria all’azione politico-sociale [1] . E’ con questo spirito che mi accingo da filosofo non accademico a ripercorrere, con gli adeguati riferimenti bibliografici, i contenuti della relazione che ho tenuto un po’ a braccio il 21 marzo 2024 alla Pontificia Università Salesiana in occasione del convegno “ Tommaso Demaria: uno sguardo organico-dinamico sulla storia e sulla società .” L’essere della realtà storica appena accennato ci introduce al tema essenzialmente nuovo inaugurato da don Tommaso Demaria, essenzialmente diciamo ma non fenomenicamente poiché da questo punto di vista l’intuizione di molti ricercatori, per quanto non ancora riflessa a sufficienza, ha condotto molti a rendersi conto che il mondo in cui viviamo appare come una realtà globale, unitaria, interconnessa e in grado perciò di muoversi secondo logiche proprie e inesorabili che sfuggono perfino al controllo dei singoli potenti di turno. Discipline come la sociologia, la psicologia, le scienze dell’organizzazione ma anche la stessa economia rilevano da anni il fenomeno, tuttavia ancora manca alla cultura dominante una visione completa capace di dar conto di tutti gli aspetti in campo: materiali, relazionali, spirituali e metafisici. Lo scopo di questo discorso è quindi quello di stimolare una coscienza intorno all’essere della realtà, perché prima di agire occorre pensare e prima di pensare occorre essere, rendersi conto di essere e di vivere accanto ad altri esseri, perché l’essere precede l’agire non solo personale ma anche comunitario. Il percorso si articola in cinque passaggi che sono invero cinque domande: Di quale essere stiamo trattando? Una società ateo-materialista è in grado di prosperare o almeno sopravvivere? Cosa sono il pensiero unico, i grandi resets e il nuovo ordine mondiale di cui tanto si sente parlare? La ideologie sono tutte negative come tali oppure si deve tener conto del loro contenuto di verità? Possiamo indicare delle vie concrete? Sembra la prima una domanda fuori tempo massimo: a chi può mai interessare oggi un discorso sull’essere o sulla vita? La società liquida con i suoi deliri ha fatto evaporare ogni punto di riferimento stabile, ogni riscontro oggettivo: tutto cambia, tutto muta, tutto scorre, al più si può dire che tutto l’essere è il divenire stesso. Eppure la nebbia di una cultura nichilista pervasiva e invadente come quella moderna (per non dire modernista) non riesce a sopire completamente l’esigenza di essere, di senso e di significato che si scopre ancora incardinata nel cuore di ogni uomo. L’esperienza quotidiana carica di problemi enormi e di enormi opportunità ci catapulta nostro malgrado in un fluire di vicende storiche che non riusciamo a dominare e nemmeno a capire ma che in qualche modo contribuiamo a generare; il mondo va avanti anche con il nostro spesso inconsapevole sostegno e con logiche proprie; le leve del comando sono impersonali, occulte, segrete eppure reali, assegnate in modo oscuro ma lucido a guide concrete ma provvisorie e solo funzionali al perpetrarsi di un mondo che in fondo non vogliamo: la guerra torna a bussare inaspettata alla nostra porta. In questa profonda esigenza di essere, legata ad un perenne senso di malessere per un mondo che non capiamo, assume di nuovo un valore epocale tutta la riflessione di Demaria sulla Realtà Storica, tornando così potente, attuale e anzi necessaria. Quella che un tempo fu l’intuizione di un geniale metafisico oggi è esperienza concreta di molti uomini: la realtà storica appare davvero come un essere capace di vivere a agire a titolo proprio. La portata di questa intuizione comporta la richiesta teoretica di un’adeguata giustificazione: non ci può bastare il solo dato fenomenico anche se ormai di per sé evidente. Giustificazione che però non è possibile affrontare qui, ci basti per ora solo rilevare che alla griglia degli esseri oggetto della metafisica tradizionale e cioè l’uomo, la natura e Dio vi si aggiunge appunto anche l’essere della realtà storica che diventa tale, secondo il salesiano, a partire dalla rivoluzione industriale, imponendosi per di più come organismo dinamico vivo e perciò capace di vivere a agire a titolo proprio. [2] Sono affermazioni importanti che suscitano curiosità ma anche timori: se la realtà storica vive agisce a titolo proprio dove va a finire la libertà umana? La libertà, proprietà inalienabile della natura umana, è un bene prezioso e un dono esclusivo che ogni uomo e anche ogni società hanno ricevuto per scegliere cosa fare di sé stessi. Essa è talmente necessaria che la realtà storica come tale la esige a livello essenziale anche se purtroppo a livello esistenziale può accadere ed accade di fatto che la storia, animata da logiche contrarie al suo vero dover essere ontologico, finisca per negarla, reprimerla o falsarla, assoggettandola a scelte mortifere anziché vitali. Così avviene che se la realtà storica assume logiche contrarie alla sua vera natura e ciò avviene proprio in ragione della libertà umana, anche la comprensione di tutti gli altri esseri ne risulta influenzata e perfino deformata: la persona diventa fluida oppure un ingranaggio, la natura sfruttata o divinizzata, il Dio Creatore rifiutato o umanizzato, con enormi conseguenze sul piano dell’agire collettivo. Comprendere il vero dover essere della realtà storica diventa perciò imperativo decisivo proprio per poter orientare alla convivenza libera e funzionale la vita di miliardi di persone. Il negare questa prospettiva ci espone nostro malgrado ad un agire inconsulto e senza prospettiva e a lasciarci dominare dalla logica bruta di una materia orfana della forma vera, materia che per surrogazione finisce per alienare sé stessa nel ruolo di forma in una prassi senza senso perché in fondo senza retta dottrina, come direbbero i metafisici realisti di un tempo. Per questa via gli stessi cristiani e gli uomini di volontà buona [3] (cioè volontà orientata al bene) vanno a servire inconsapevoli la costruzione della società fondata sul materialismo che, secondo il salesiano, è l’anticamera dell’ateismo prima ontologico e poi religioso [4] . A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che in fondo questo non è necessariamente un male, in fin dei conti anche le società ateo-materialiste, che sono quelle ormai realmente esistenti, possono funzionare se non bene almeno in modo accettabile. L’evidenza storica ci palesa tuttavia senza sconti che non è così e con questa affermazione iniziamo a rispondere alla seconda domanda. Gli “organismi mostro” incarnati dai sistemi capitalisti e comunisti e dai loro discendenti modernisti, fondati sull’assoluto ateo-materialista e così denominati da Demaria nel suo lungimirante testo La società alternativa [5] , stanno manifestando di nuovo oggi la rinnovata ferocia delle loro false premesse. In qualche modo essi vivono sempre a scapito di qualcos’altro: la natura, i poveri, la libertà, Dio stesso. E se queste società potessero anche risolvere (ma non possono!) gran parte dei problemi materiali che ci affliggono, resterebbe strutturalmente irrisolto il senso dell’esistere umano che fatalmente, rinchiuso nell’alveo della materia bruta, si tradurrebbe in un dramma suicida invece che in un’epica maestosa. E’ in questo clima illusorio che oggi si discute molto di pensiero unico, di grande reset, di nuovo ordine mondiale . Intanto mi viene da chiedere, perché cancellare tutto? Forse perché siamo talmente pieni di debito economico a livello mondiale che solo la sua cancellazione, con l’aiuto magari della guerra, può permettere di ripartire? E un’ipotesi che mi pare folle ma anche brutalmente realistica. Il martellamento mediatico proveniente da sponde spesso opposte ci dice altresì che non c’è una sola idea di “reset”, né una sola proposta di “pensiero unico”. Ce ne sono varie e in concorrenza tra loro, che si accusano a vicenda di complottismo, di seduzione, di violenza: capitalismo green, socialismo arcobaleno, socialismo capitalista, imperialismo misticheggiante (se non direttamente ateo-materialista almeno con un errato rapporto spirito/materia). Sono tante le prospettive di “Unico Ordine Mondiale” che si propongono come salvifiche. Ma tutto questo non è una novità , ciò che è cambiato sono solo le etichette, i nomi, le parole, ma la realtà che sottendono è sempre la medesima, quelle esplicitata dal nostro Demaria. L’esigenza di un nuovo ordine mondiale e di pensiero unico non sono che la riedizione aggiornata di quella pletora di ideologie, pseudoideologie e paraideologie che dalla rivoluzione industriale in poi cercano di dare un ordine al caos di una prassi diventata dinamica. Esse si scontrano, si fondono, si camuffano in un susseguirsi di morti e rinascite fino ad arrivare all’esito forse finale, denunciato da Benedetto XVI dell’ideologia del relativismo, che tutte le nega ma solo in fondo per affermare sé stessa, la più dogmatica. Ecco che quelle moderne, afferma Demaria, non sono più solo lotte fra popoli o nazioni ma lotte fra ideologie o meglio lotte fra ideoprassi. E in questa lotta reale per prevalere l’una sull’altra manifestano anche il loro tratto comune che le identifica e le inchioda: sono tutte prassi ontologicamente ateo-materialiste! Le uniche, ed è la storia a dirlo, che sono state in grado di portare l’umanità fin sull’orlo dell’auto-distruzione attraverso soprattutto la possibilità, oggi tornata concreta, della terza guerra mondiale nucleare. Eppure non si può fare a meno di una ideologia, cioè di una visione organica, integrale e coerente della vita umana che sappia coordinare l’agire di miliardi di persone; l’alternativa ad una qualche forma di ordine, ad una sorta prassi razionalizzata non è che la prassi selvaggia e il caos [6] . E’ stato questo l’intento della vita di Karl Marx ma anche dello stesso Adam Smith e di altri studiosi: scoprire la logica interna della storia. E cosa hanno concluso? Che la storia è materia che diviene o natura che evolve e che il cuore di questo divenire è l’economia la quale così è stata assunta non solo come base materiale della società ma anche come sua principale base spirituale. Analisi insufficiente, colma di pregiudizi, guidata da strumenti metafisici inadeguati, per cui è stato subordinato o separato lo spirito dalla materia e strutturalmente negata la soprannatura a favore della sola natura: direttamente attraverso la persecuzione violenta diretta o indirettamente attraverso la seduzione e l’occupazione di spazi e tempi. Secondo il nostro salesiano, il loro errore come quello di molti che li hanno seguiti e riaggiornati è stato proprio quello di aver posto come base spirituale della società una base che è solo materiale, l’economia appunto e di aver completamente o anche solo parzialmente ignorato il valore ontologico degli enti naturali a partire dall’uomo. Di qui l’ambizioso proposito del sacerdote piemontese di scoprire il vero logos nascosto all’interno della realtà storica. E’ questo un passaggio decisivo da comprendere profondamente: l’approdo al vero Assoluto della storia riconosciuta come realtà non è la composizione ordinata di un insieme di valori etici scelti in modo arbitrario, né il risultato di una rivelazione religiosa e nemmeno l’applicazione di una qualche dottrina costruita a priori a tavolino, è invece l’esito di una indagine metafisica rigorosa, coerente e completa che a partire dal dato di esperienza storico ci porta per esplicitazione, cioè attraverso una sorta di mostrazione [7] aristotelica, a scoprire il dover essere ontologico della realtà storica, dover essere che Demaria chiama tecnicamente essenza archetipa [8] . Questa ricerca del vero logos comporta inevitabilmente il confronto con la verità, la sua comprensione e la sua accettazione con tutti i rischi che questo comporta: la verità è più grande, nessuno possiede la verità, la verità bisogna servirla etc… Tutte espressioni che “i prudenti” giustamente manifestano per sottolineare la portata del problema ma che non lo risolvono anzi talvolta lo acuiscono cedendo spesso anche senza disputa alle “verità” sostenute da altri. A tal proposito Demaria infatti scrive: “ non si tratta né di una contrapposizione manichea, né di un accaparramento trionfalistico della verità. La verità bisogna servirla, ma per servirla bisogna conoscerla e riconoscerla […] non c’è insulto peggiore alla verità che rinnegarla o misconoscerla, col pretesto antitrionfalistico, di chi vi contrappone il proprio io con il sofisma dell’eterna ricerca ” [9] . Prosegue il Nostro: “ Oggi si preferisce il fare al pensare. Più che alla verità, che con falsa umiltà si proclama di «non possedere», si crede all'attività, ad un qualsiasi attivismo, riassorbito nell'attività personale con un totale rifiuto della sua rifusione razionale e cristiana nella prassi, anche se poi la presunta attività personale viene abbandonata alla deriva di tutte le prassi [10 ] .” E ancora: “ il discorso sulla verità oggi è impopolare. Si prova una certa nausea esistenzialista e pseudodemocratica nei suoi confronti. Si ha l’impressione o la convinzione che la verità sia diventata sinonimo di dittatura intellettuale, mentre l’errore sarebbe sinonimo di libertà e democrazia. [11 ] ” Richiami forti quelli demariani ad un impegno intellettuale coraggioso che pur nell’umiltà dell’approccio, teso ad evitare la tentazione arrogante di una saccenteria intellettuale, inclina deciso alla sfida della ricerca metafisica realistica integrale, opponendosi così alla non meno grave tentazione di una pusillanime rinuncia a priori. Ma quale può essere il criterio per individuare l’ideoprassi vera , il logos nascosto nel libro della storia che completa quello del libro della natura? [12] E’ questo se ricordate il quarto quesito proposto all’inizio. Demaria risponde schiettamente a questo interrogativo: “ Il problema della verità dell’ideologia si pone alla sua radice. Passa dalla prassi all’ideologia; dall’ideologia alla metafisica; e da una metafisica qualsiasi a una metafisica dinamica. Con ciò torna il problema di fondo: qual è la verità? Qual è la metafisica vera? […] la metafisica dinamica falsa è quella che genera un’ideologia ateo-materialista come anima della prassi; e la metafisica dinamica vera è quella che genera una ideologia come anima della prassi, non ateo-materialista […] che equivale all’affermazione dell’assoluto teo-spiritualista [13] ”. Sembra un continuo rimando ma di fatto non è possibile individuare l’assoluto vero della realtà storica, cioè quello teo-spiritualista, senza un’adeguata metafisica che per Demaria non può che essere la metafisica realistico integrale, ogni altra metafisica dinamica invece conduce all’assoluto ateo-materialista anche se a professarla è un credente, e quand’anche una metafisica dinamica non realista volesse escludere l’approdo ateo-materialista si fermerebbe a metà strada o peggio trascinerebbe alla meta che credeva di rinnegare [14] . Dai frutti conoscerete l’albero è l’insegnamento che porta a questa certezza. Ma per quale ragione è proprio quello teo-spiritualista l’assoluto vero della realtà storica? Qui il discorso giunge al suo compimento e trova la sua trattazione piena nel secondo dei tre volumi della trilogia. La constatazione è che la Realtà Storica è un ente vivo la cui forma non può che essere viva, una forma materiale inerte infatti non potrebbe che essere morta e restare morta. Forma viva e anche libera. Le uniche forme con queste caratteristiche sono la forma umana e quella divina, ma la forma umana non può che animare enti dinamici fenomenici e contingenti e non può in alcun modo rendere conto né di sè stessa, né di tutta la realtà creata. L’immediata e spontanea percezione metafisica dell’essere creaturale , a partire dal proprio io, è invece l'esperienza prima che mostra ad ognuno la propria insufficienza ad esistere da sè e rimanda quindi in modo razionale alla necessità dell'esistenza di Dio Creatore [15] ; senza questo fondamento trascendente tutto l’impianto metafisico realistico integrale fin qui presentato, resterebbe privo del necessario Garante [16] . L’unica forma viva perciò capace di dominare tutta la realtà passata, presente e futura sia naturale che storica non può che essere una forma divina; forma divina che per poter dominare la storia rispettandone la libertà deve poter agire anche dal di dentro e perciò essere ad un tempo non solo trascendente ma anche immanente, da cui l’approdo metafisico all’assoluto teo-spiritualista [17] . Ciò comporta in prima battuta per la forma sociale vera i tre presupposti negativi della non subordinazione dello spirito alla materia, della non separazione dello spirito dalla materia e della non separazione della natura dalla soprannatura [18] e in seconda battuta i suoi presupposti positivi e cioè la sua universalità, necessità, assolutezza e attualità [19] . Ho delineato in estrema sintesi il percorso filosofico demariano cui appartengono conseguenze pratiche impressionanti, la più importante delle quali è questa: senza adeguato strumento metafisico è impossibile mobilitare nella storia l’ideoprassi vera, non è cioè possibile la costruzione di una convivenza umana veramente funzionale. La metafisica assume così il suo valore concreto postulato nell’ultimo dei quesiti che ho posto all’inizio di questo lavoro. La prima, concreta e vitale esigenza è per questo motivo la formazione permanente di metafisici realistico integrali capaci di indirizzare la costruzione della società e per ciò è necessario e non più rimandabile una cattedra universitaria specifica di metafisica realistico integrale e a cascata di ideoprassiologia. Per questa via anche politica ed economia troverebbero il loro metodo e gli operatori economici, a partire dagli imprenditori, guide sempre più adeguate. La piramide dei bisogni materiali, relazionali e spirituali soprannaturali individuata anche dai più acuti economisti [20] , riceverebbe una solida pezza d’appoggio metafisica con il giusto indirizzo per evitare perniciose deviazioni verso false sirene progressiste o di contro verso ristagni statici economicamente insostenibili e impotenti a resistere al costruirsi dinamico della storia. La cultura della vita (statica e dinamica), della famiglia stabile, degli autentici valori umani, del rapporto oggettivo con le altre religioni, della libertà a servizio del bene, della persona come cellula viva attiva del corpo sociale, dell’autentica convivenza umana pacifica a livello universale avrebbero non solo diritto di esistenza sul piano culturale ma anche un concreto efficace rilancio. [1] T. Demaria, 2° Vol.,Metafisica della Realtà Storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 188. [2] T. Demaria, Metafisica e Metodo, da raccolta articoli rivista Nuove Prospettive. [3] S. Fontana, La sapienza dei medievali, Fede&Cultura, Verona 2018, p. 134 [4] T. Demaria, La Società Alternativa, Ed. Il Segno, Verona 1982, p. 15 [5] T. Demaria, La società Alternativa, ed. Il Segno, Verona 1982, p.19 [6] T. Demaria, Cristianesimo e realtà sociale, Ed. Villa Sorriso di Maria, Varese, 1959, p.47: “cosa è l’idelogia: è la visione dinamica, sintetica e concreta della vita e del mondo che si traduce nella teoria della pratica e nella pratica della teoria!” [7] G. Reale, Guida alla lettura della metafisica di Aristotele, Laterza Bari, 2004, p. 33 [8] T. Demaria, 1° Vol. Ontologia realistico-dinamica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 165 [9] T. Demaria, 5° Vol. Sintesi Sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 12 [10] T. Demaria, 5° Vol, Sintesi Sociale Cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 407. [11] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 232 [12] T. Demaria, Sinossi 1984, dispensa convegno Roma, 1984, p.10 [13] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 234 [14] Ivi, p. 235 [15] T. Demaria, 2° Vol, Metafisica della realtà storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 200- G. Zamboni, La persona umana, Vita e Pensiero, Milano 1983, p. 485 e 487. [16] T: Demaria, La società alternative, ed. Il Segno, Verona,1982, p. 18 [17] Ivi, p. 226 [18] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 272 [19] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 278 [20] Si veda relazione del prof. Zamagni in https://www.nuovacostruttivita.it/quali-scienze-sociali-per-il-cambiamento-depoca in occasione del convegno online di Nuova Costruttività, il 20 ottobre 2022: Quali scienze sociali per il cambiamento d’epoca.
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