Newsletter n°12 – maggio 2015
di Donato Bagnardi
Con l’articolo dell’aprile scorso abbiamo tentato di definire in prospettiva demariana la natura della Realtà Storica. E abbiamo visto che si configura come Ente, sui generis , come grande organismo dinamico recante una parte materiale che si trasforma (l’economia, la politica, la scienza, la tecnica, i rapporti sociali, la società, la cultura) e una formale che guida dall’interno le trasformazioni, offrendo un ordine, un insieme di regole.
Con questa nuova riflessione ci proponiamo di definire la funzione dell’uomo in tale Realtà . Un compito non facile, data la complessa rete argomentativo-concettuale in cui lo stesso Demaria si involge a partire dall’esplicitazione dell’essenza della persona, come sintesi di soggetto e oggetto, di natura e storia, di essenza statica ed essenza dinamica. È come se dicesse che l’uomo si caratterizza per un’ambivalenza ontologico-metafisica, essendo al tempo stesso:
Non comporta opposizione in quanto la sintesi (in negativo) non è di sovrapposizione. In questo caso genererebbe nella persona una schizofrenia, esponendola al rischio di comportarsi come scheggia impazzita:
Analogamente, il sentirsi parte non comporta un eclissamento o un annullamento della parte nel tutto, in quanto la sintesi (in positivo) è integrativa e di composizione e, perciò, esclude ogni riduzione o annullamento della persona nel grande Ente. Il dinamico si costruisce sullo statico, integrandolo. Storicizzandosi come persona-cellula nella Realtà Storica, infatti, non solo rimane ontologicamente intatta con le sue prerogative di soggetto libero e responsabile, con una sua autonomia psicologica, ma integra tutte le sue prerogative di spiritualità, immortalità, irripetibilità, irriducibilità, convertendole in funzione costruttiva. Come dire che nel momento in cui si rende parte non solo conserva i connotati di individualità, le sue prerogative di ente statico, ma tali connotati e prerogative vengono persino rivalorizzati e rilanciati in senso costruttivo della Realtà Storica, divengono la condizione per trascendersi come oggetto, fino a beneficiare dell’azione trasformatrice del Superorganismo dinamico, fino ad arricchirsi non solo eticamente ma onticamente e fruendo della massima possibilità di salvezza.
Il Nostro, tuttavia, non rifiuta la visione tomista , ma semplicemente ne mette in risalto i limiti denunciandone l’incapacità di cogliere il dinamismo della Storia. Più precisamente, egli propone l’apertura all’integralità dell’essere come natura e come storia. E lo strumento di indagine più rispondente gli appare appunto la metafisica realistica dinamica e integrale.
Vanno fatte, però, alcune osservazioni. Dire che la persona storicizzandosi nella Realtà Storica non si annulla è rimanere ancora sul piano esigenziale o descrittivo-desiderativo. Non a caso solleva non poche perplessità e genera sospetti circa l’esito effettivo. Tanto più legittimi se si pensa che è già accaduto che la logica del sentirsi parte riduca la persona o a ingranaggio di un meccanismo divoratore (la classe, il partito, lo Stato…) come in alcune forme storiche di comunitarismo collettivista, o a strumento di un sistema liberoscambista con fini utilitaristici come nell’attuale momento storico a dominanza neoliberista.
Di qui i nuovi interrogativi. Come fugare tali timori? Come scongiurare i rischi? In pratica, dov’è la garanzia che pone effettivamente al riparo la persona dal rischio dell’annichilimento nel momento in cui si oggettiva, rendendosi parte del Tutto? Demaria prevede forse un garante? E, se c’è, chi è? Come si manifesta? Come interviene? Come si interfaccia con l’uomo? Come tutela le sue prerogative di natura, come soggetto autonomo, libero e responsabile? In che modo gli offre la possibilità reale di risorgere, di ritornare alla ribalta, di riscattarsi dalle esperienze cosificanti del passato e del presente che lo hanno reso e lo rendono sempre più sconosciuto sino a misconoscerlo?
Al prossimo appuntamento!
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